Colonia britannica dal 1627 e indipendente, ma facente parte del Commonwealth, dal 1966 l’arcipelago delle Barbados ha completato l’iter per sganciarsi dalla corona britannica.
Con alcuni anni di ritardo rispetto a quanto annunciato già nel 2015 le Barbados hanno ammainato la bandiera britannica e, alla presenza del principe Carlo, sostituito la regina Elisabetta con l’ex governatore generale, ora presidente della Repubblica, Sandra Mason. La settantunenne ex magistrato guiderà l’isola insieme ad un’altra donna, vera artefice dell’indipendenza, il primo ministro Mia Mottley, leader del Partito laburista.
La decisione che riguarda i 287 mila abitanti delle Barbados segue, di molti anni, quelle di altre isole quali: Mauritius, Trinidad e Tobago, Dominica e Guyana.
Se può far sorridere la decisione di insignire la cantante Rihanna del grado di “eroina nazionale”, a spaventare Londra, più della proclamazione della forma di stato repubblicana, è la longa manus cinese che nelle Barbados, come in buona parte dell’America centrale e caraibica, ha dato il via al suo sistema di penetrazione basato, principalmente, sulla costruzione di infrastrutture (da strade a reti fognarie) volte a stabilire un primo, forte, legame tra la giovanissima nazione delle Antille e il gigante asiatico. Una mossa che inquieta anche l’altra potenza anglo-sassone, considerando che la tornata elettorale dello scorso novembre ha fatto perdere altri alleati agli Stati Uniti in quella zona del mondo rafforzando i governi storicamente nemici (su tutti quelli del Nicaragua sandinista e del Venezuela bolivariano) e portando al trionfo la sinistra populista in Honduras.