Le destre trionfano in Italia nel momento in cui è già iniziata la loro parabola discendente. Un’analisi impietosa che, inaspettatamente per qualcuno, proviene proprio da quella che viene definita come estrema destra. Inutile perdere tempo sulle definizioni, respinte, rifiutate, ma che servono comunque al grande pubblico per individuare un’area.
Gabriele Adinolfi, leader della storica Terza Posizione ed ora del centro studi Polaris, ha elencato tutti gli errori che stanno commettendo le destre proprio nel momento in cui sembrano più forti.
Un problema di incapacità di confrontarsi con un mondo liquido, tipico dell’era dell’Acquario, con la scelta di arroccarsi su posizioni obsolete che non tengono conto dei mutamenti della società. I vecchi partiti sono morti, a destra come al centro o a sinistra.
Ma le destre, nella ricostruzione di Adinolfi (nulla a che spartire con Mario Adinolfi, ovviamente), non se ne sono accorte mentre gli avversari – eredi del mondo cattolico e comunista – si disinteressano delle sorti dei partiti di riferimento e si spandono, liquidamente, nei gangli vitali della società.
Non solo nei corpi solidi e soliti, quali la magistratura o le banche. Ma anche e soprattutto in tutti i grandi settori alle prese con un cambiamento epocale.
Dunque la scienza, l’ingegneria, le università, le attività culturali. Dalla genetica alla robotica, dalla quarta rivoluzione industriale alla trasformazione legata alla migrazione. Non nel senso delle Ong che lucrano sui clandestini, ma nella costruzione di un nuovo modello di società che tenga conto del cambiamento.
La vecchia politica, invece, litiga sulle poltrone. Senza affrontare i temi dell’invecchiamento, della sostenibilità ambientale, della precarietà lavorativa, dei nuovi scenari internazionali. Quando lo fa, si limita agli slogan. Le destre istituzionali conquistano le Regioni e poi collocano negli assessorati strategici i politici inadatti, incapaci di affrontare le grandi sfide.
Il simbolo del fallimento è la scelta di alcuni assessori alla Cultura incapaci di uscire dalla logica di contributi a pioggia alle associazioni avversarie.
Ma vale per l’industria e l’agricoltura, per il turismo e la sanità. Sempre un passo indietro rispetto alla realtà.
Alla politica si chiede non di essere al passo con i tempi, ma di precederli, di essere avanguardia. Però, per uno sguardo sul futuro, occorrerebbe appoggiarsi alla società liquida esterna, a chi il futuro lo affronta per professione.
Significherebbe, però, rinunciare ad un briciolo di controllo. Significherebbe fidarsi, aprirsi al mondo, provare ad imparare. Imparare a nuotare nella società liquida, invece di fermarsi in spiaggia a costruire castelli di sabbia.