Negli Usa quella delle armi da fuoco è una vera e propria piaga. Dal primo rapporto interministeriale realizzato negli Stati Uniti, si evidenzia la forte attrazione degli americani per le armi da fuoco e l’altrettanta facilità a procurarsene su un mercato inondato da armamenti di ogni tipo.
La produzione nazionale d’armi da fuoco è triplicata negli ultimi 20 anni, con oltre 139 milioni di armi destinate al mercato interno che si sono aggiunte a 71 milioni di armi importate dal 2000 al 2020.
Un’analisi sulla situazione americana è stata diffusa nei giorni scorsi dal dipartimento della Giustizia e rilanciata dai media dopo la strage in una scuola primaria del Texas, con un bilancio di 20 morti.
Una imponente crescita della produzione andata di pari passo con l’espansione dell’industria dell’armamento Usa, dove il numero di aziende operative nel settore è stato moltiplicato per 7. La produzione annua di armi da fuoco destinate alla vendita commerciale è notevolmente cresciuta, del 205% in 16 anni, passata da 3,9 milioni nel 2000 a 11,3 milioni nel 2020, con un picco di 11,9 milioni registrato nel 2016.
Il documento interministeriale fa una fotografia circa le preferenze degli americani in materia di armi, che ricadono sui fucili semi automatici di tipo AR-15 e pistole automatiche di 9 mm, considerate un buon mercato, precise, di utilizzo facile e simili alle armi utilizzate dagli agenti di polizia.
Solo tre giorni fa l’autore della strage nella scuola texana, uno studente 18enne del liceo di Uvalde, ha postato sul suo account Instagram alcune fotografie di due fucili semi automatici di tipo AR-15, una delle due armi utilizzate nella carneficina di ieri. In quello che suona come il bollettino di guerra di un tragico presagio, poche settimane fa la società WEE1 Tactical ha messo in vendita un modello Junior, il JR-15, presentato come “la stessa arma di papà e mamma”, venduta al prezzo di 389 dollari.
Uno degli aspetti che allarma di più del rapporto governativo è il boom delle cosiddette “armi fantasma”, ossia armi in kit che possono essere fabbricate in casa, dal costo di poche centinaia di dollari, e con alcuni pezzi acquistabili on line o addirittura prodotti con una stampante 3D. Quest’ultime non sono dotate di numero di serie, non richiedono il possesso del porto d’armi e chi le compra non viene sottoposto ad alcun controllo sui propri precedenti giudiziari o eventuali disturbi psichiatrici.
È stato proprio Biden lo scorso aprile a pretendere provvedimenti sulla regolamentazione della vendita di armi.Consigliando ai rivenditori di tali kit di verificare tutti i precedenti degli acquirenti potenziali e di dotare di un numero di serie tutte le varie parti da assemblare. Perché è possibile fronteggiare l’attuale impennata di violenza solo se si hanno le migliori informazioni. Ma in un anno Biden oltre a questa presa di posizione, non ha fatto sostanzialmente nulla a riguardo, se non incontrare di recente i maggiori produttori americani di armi per chiedergli, vista la guerra in Ucraina, di aumentare la loro produzione.
Un recente studio delle autorità sanitarie ha evidenziato un aumento “storico” del numero di decessi da armi da fuoco negli Stati Uniti nel 2020, probabilmente causato dagli effetti della pandemia di Covid-19 e dalla povertà.
Il tasso di omicidi si attesta attorno a 6,1 per 100 mila abitanti, il più alto degli ultimi 25 anni. Inoltre, in più occasioni l’organizzazione Violence Policy Center, che lotta contro le violenze da armi da fuoco, ha denunciato una politica di marketing dei produttori a danno dei giovani americani, con l’offerta di un’ampia gamma dai colori accattivanti che vanno dal rosa al viola metallizzato, armi più leggere e maneggevoli. Inoltre le pubblicità di armi destinate ai giovani utilizzano simboli, fotografie e immagini improntati alla ‘street culture’, molto diretti e decisamente avvincenti. Il commercio delle armi resta uno dei comparti più floridi dell’economia a stelle e strisce.