C’è chi preferisce evitare la scuola il venerdì, andando a spasso a manifestare per l’ambiente tra una sigaretta e l’ultimo modello di smartphone, e chi da quasi 20 anni sta studiando e lavorando per conoscere e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle piante e sull’agricoltura. Da un lato ci sono i gretini, dall’altro Agroinnova, il centro di competenza dell’Università di Torino che ha investito 2 milioni di euro in strutture e macchinari, impegnandosi in progetti per oltre 10 milioni di euro coinvolgendo ricercatori, dottorandi e tecnici.
Ricerche che hanno avuto effetti pratici immediati, come ricorda Angelo Garibaldi, presidente di Agroinnova, citando i lavori sulla vite e sulle colture orto-floricole. Con una stoccata rivolta agli esperti di chiacchiere e di convegni: “Con il G20 e Cop26 si è parlato tanto di cambiamenti climatici, speriamo che, come facciamo noi da ormai 20 anni, in tanti comincino a lavorare concretamente sulla resilienza al cambiamento climatico, in ogni settore”.
Maria Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova, è stata incaricata dalla Fao di coordinare ricercatori di tutto il mondo per fare il punto sulla relazione tra malattie delle piante e cambiamenti climatici. Perché il cambiamento del clima provoca mutamenti dei patogeni vegetali che diventano improvvisamente più aggressivi e più pericolosi per le colture. A questo si aggiungono i nuovi patogeni arrivati come effetto della globalizzazione e che provocano disastri in agricoltura ma con rischi crescenti anche per la salute umana. Una sorta di invasione degli alieni a cui si è prestata sino ad ora scarsa attenzione grazie all’ottusità dei sostenitori del politicamente corretto che si indignano all’idea di chiudere le frontiere anche solo per bloccare patogeni pericolosi.
Per questo il futuro di Agroinnova sarà legato sempre più a studi per un approccio di Salute circolare che prenda in considerazione il ruolo della salute delle piante e dell’ambiente in relazione alla salute degli animali e dell’uomo.