La gente normale che partecipa ai funerali di Costanzo; la gente comune che si commuove per le vittime di un naufragio; la gente qualunque che festeggia un evento felice. Le parole, come ricordava anche Nanni Moretti in Palombella rossa, sono importanti. E sono rivelatrici di un particolare pensiero. Quello dei chierici della disinformazione non lascia spazio ai dubbi: da un lato la “gente normale”, dall’altro i vip. Loro, i vip, che sono a volte costretti a condividere dei momenti di vita con i comuni mortali, con esseri indistinti che hanno la sola funzione di rappresentare il pubblico adorante della rappresentazione offerta dai vip.
Lo squallore della situazione emerge ancora di più quando si prova a valutare la grande differenza tra “loro” e la plebe. Sedicenti vip che vengono considerati tali solo perché partecipano ad oscene trasmissioni televisive in cui sono chiamati ad offrire il peggio di sé. Sedicenti cantanti che biascicano per evitare di dimostrare quanto siano stonati. Sedicenti attori di infime serie che attirano un sessantesimo della popolazione. Sedicenti intellettuali che ripetono a pappagallo le lezioncine politicamente corrette.
Mentre, tra la plebe comune e normale ci sono uomini e donne che affrontano ogni giorno, con coraggio e capacità, il mestiere di vivere. Ci sono professionisti che salvano vite; insegnanti che trasmettono cultura ai propri studenti; ingegneri che costruiscono ponti solidi; impiegati che facendo con impegno il proprio lavoro permettono il funzionamento di aziende pubbliche e private; contadini che fanno arrivare sulle tavole il cibo sano e gustoso; operai che garantiscono il funzionamento di un’auto o di un frigorifero.
Gente normale, certo. Quasi sempre più utile alla società rispetto ai vip che litigano nelle case sotto l’occhio delle telecamere o su isole riservate a presunti “famosi”.
Indubbiamente, tra i “normali”, abbondano anche i perfetti imbecilli. Quelli che vanno a fotografarsi sui luoghi delle tragedie; quelli che, sui social, si vantano di essere amici del vip di turno – meglio se morto, così non può smentire – solo perché lo hanno incrociato una volta nei cessi di un aeroporto. Ma è un’imbecillità indotta proprio dai chierici della disinformazione. Da quel sistema mediatico che impone di infilarsi in code chilometriche per vedere una mostra di cui non frega assolutamente niente ma che bisogna vedere per partecipare al rito collettivo. E se si tratta di un funerale va bene lo stesso. Anzi, magari ci scappa pure un’intervista con l’opportunità di pronunciare una frase memorabile: “Il defunto? No, non lo conoscevo. Ma mi ha cambiato la vita. Ah, era uno stupratore assassino? Va beh, avrò sbagliato funerale..”.