Non ce la possono fare. Si impegnano, ci provano, sembra quasi che stiano riuscendo. Ma poi è più forte di loro: deragliano. Come nella favola della rana e dello scorpione, gli istinti prevalgono e fanno abbandonare le analisi quasi completate. Al Manifesto si sono interrogati sulle ragioni che hanno spinto 70 milioni di statunitensi a votare per Trump. Sulle ragioni che hanno spinto moltissime donne a partecipare all’assalto al Campidoglio.

Ed è il Manifesto a ricordare che 3 delle 4 vittime assassinate dalla polizia sono donne. Ma i boldriniani non si sono inginocchiati per loro: colpevoli di essere bianche.
“Perché sempre meno gente crede ai media, perché sempre meno gente ha fiducia nelle istituzioni e nello stato, perché sempre meno gente pensa di avere i mezzi per decidere della propria vita? Che media, che istituzioni, che democrazia gli stiamo offrendo?” Il Manifesto, con coraggio ed onestà se lo chiede e ricorda che non è solo un problema degli yankee, ma si ripresenta quotidianamente in Europa, in Italia. Ecco, forse l’atteggiamento di Boldrini & C è una prima risposta. Tra un rapinatore nero ucciso dalla polizia ed una donna bianca disarmata uccisa sempre dalla polizia, la sinistra si schiera sempre per il nero.
In Italia come negli Usa. Il suprematismo bianco che tanto spaventa la gauche caviar nelle sue conversazioni salottiere, è una patetica e disperata risposta di chi si sente discriminato, penalizzato, tartassato solo in quanto bianco. La dittatura delle minoranze politicamente corrette fa sì che i posti di lavoro migliori spettino ai rappresentanti di queste minoranze etniche, sessuali, fisiche. Che se li disputeranno, che litigheranno tra loro per spartirseli. Ma il bianco eterosessuale, con una famiglia non problematica, resta tagliato fuori, emarginato. E la rabbia cresce.
Perché dovrebbe fidarsi delle istituzioni che, in Italia, lo penalizzano nelle graduatorie per un alloggio popolare, per l’iscrizione alla scuola materna, per il pagamento della mensa scolastica? Perché dovrebbe fidarsi dei media che giustificano qualsiasi crimine commesso da un migrante e che riversano tonnellate di odio se lo stesso crimine è commesso da un cittadino della nazione ospitante?

Perché non dovrebbe essere arrabbiato quando subisce i tagli della spesa pubblica, quando ha difficoltà a trovare un lavoro, a pagare l’affitto, e poi vede montagne di denaro sprecate per arricchire le Ong, per mantenere in hotel ospiti non invitati, per far assumere i migranti mentre il cittadino medio rimane tagliato fuori, alle prese con cartelle esattoriali e con l’impossibilità di pagarle?
Troppo comodo pensare di penalizzare milioni di persone e poi pretendere che si fidino ancora di chi le penalizza, di chi le insulta dalle pagine dei giornali, dai programmi tv, dai film politicamente corretti. L’unica differenza, tra l’Italia e gli Usa – ma anche tra l’Italia e la Francia, tra l’Italia e l’Etiopia, tra l’Italia e qualunque Paese ancora vivo – è che questo è un popolo di pecore, felici di essere bastonate dal padrone di turno, felici di essere tosate, felici di essere macellate. E dunque c’è ancora spazio per le chiacchiere nei salotti o al Bar Casablanca.

“Al bar Casablanca seduti all’aperto, una birra gelata
Guardiamo le donne, guardiamo la gente che va in passeggiata
Con aria un po’ stanca, camicia slacciata, in mano un maglione
Parliamo, parliamo, di proletariato, di rivoluzione
Al bar Casablanca con una gauloise, la nikon, gli occhiali
E sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali
Blue jeans scoloriti, la barba sporcata da un po’ di gelato
Parliamo, parliamo, di rivoluzione, di proletariato”.
Giorgio Gaber, ed era il 1973..