“Scusa papi, ma cosa c’è… al di là?” mio figlio mi chiama papi, ormai, solo in momenti particolari. Per cui poso il libro. E lo guardo. Quel viso perennemente corrucciato. Quegli occhi neri come un abisso…Al di là di cosa?”Di quello!” indica lo specchio dell’ingresso “Cosa c’è al di là di quello? Ed è possibile… entrare?” Una delle sue tipiche domande. Di quelle che lo fanno guardare strano. Perché sembrano solo fantasie insensate. Peggio che continuare a credere in Babbo Natale… E io dovrei, secondo i soliti censori, portarlo con i piedi per terra. Alla realtà concreta. E invece..
Hai mai sentito parlare di Alice? “Chi? Quella che va in quello strano Paese con il coniglio bianco e altri personaggi buffi? E beve il tè con loro?” annuisco. Sì, proprio quella. Ma questa è un’altra storia. Ed ha a che fare proprio con lo Specchio. Vedi, questa Alice è una bambina molto curiosa. E fantasiosa. Proprio come te…
Ahi… si è rabbuiato di colpo..” Io non sono un bambino, papà! ” papà, non più papi…Scusa, volevo dire ragazzina. Come tu, ormai sei un ragazzo. Ma dotato di immaginazione. E curiosità. Proprio come lei…

“Ed è importante?” Sì. Molto. Fondamentale, direi. Perché l’intelligenza non è solo quella razionale. Che misurano nel QI. Che puoi avere altissimo, ed essere però un perfetto stupido…(cosa che, da insegnante ho verificato spesso. Ma gli “esperti” non hanno mai insegnato…) L’intelligenza, la capacità di conoscere è soprattutto curiosità. E fantasia.
Comunque Alice è lì, seduta sul divano. Guarda lo specchio e si chiede :ma cosa ci sarà al di là? “Proprio come me, papi!” ecco, sono tornato papi…Esatto. Proprio come te. Solo che lei prende e entra nello specchio. Vi passa come se fosse una porta. E si trova in un mondo… meraviglioso.” Scusa…. ma allora è come nell’altra storia, quella che il maestro ci ha letto in classe quando ero più piccolo. E mi hanno detto che non era vera… solo una fiaba per bambini…”
Beh , è vero. I due racconti si assomigliano molto all’inizio. Perché la ragazzina protagonista, Alice, è la stessa. Ed è lo stesso quello che le ha raccontate. Che si firmava Lewis Carroll. E Alice la conosceva bene. Era la figlia di suoi amici. ..” Alice, allora, è vera, papi?” Sì, certo. È esistita davvero. E Carroll ha dato forma scritta alla sua, diciamo così, immaginazione. Ma la storia non è una fiaba per bambini… tutt’altro…(e qui, a fare il prof. dovrei slanciarmi in una digressione sulla logica simbolica, la matematica, di cui il buon reverendo Dogdson era studioso appassionato… Ma, non credo proprio sia il caso…).
Comunque, vedi, il viaggio attraverso lo specchio porta Alice in un Paese molto diverso da quello del Bianconiglio e del Cappellaio Matto. Per fare solo un esempio, qui incontra le regine degli scacchi, la Regina Rossa e quella Bianca… mentre nel Paese delle Meraviglie incontrava le Carte da Gioco. Perché i mondi dell’immaginazione sono innumerevoli. Infiniti, direi…
“Ma solo questa Alice è andata al di là dello specchio? Nessun altro? Nessuno che ci sia riuscito… O che almeno ci abbia provato?” dice “sia” e “abbia” per davvero. Mio figlio usa correttamente il congiuntivo. Un poco di orgoglio, una volta tanto, lasciatemelo… Però, ora, il discorso si fa difficile. Soprattutto da tradurre in un linguaggio che lui possa comprendere…. la prendo larga…

Vedi. La tua domanda se la sono sempre posta gli uomini. Quelli veramente intelligenti. Dotati di immaginazione. Per esempio uno, che si chiamava Pirandello, e che era un genio, un grandissimo scrittore, in una sua opera teatrale..
“Papi, le opere teatrali sono come quella che abbiamo fatto a scuola, quando ero più piccolo, con la maestra delle elementari? Quando non erano tutti impanicati per ‘sto Covid…” Più o meno. Certo che le sue erano altra cosa rispetto alle recite scolastiche. Te le farò vedere… ” Uff… speriamo che siano meno pallose…” faccio finta di niente e tiro dritto. Ma, accidenti!, comincia ad assomigliare ai miei coatti…

Comunque, in uno di questi lavori di Pirandello, c’è un personaggio, che viene chiamato lo zio Laudisi, che si piazza davanti allo Specchio e domanda: Ma sei tu il mio riflesso, o sono io il tuo? Perché potrebbe essere davvero che, dall’altra parte dello specchio, ci sia un mondo come il nostro. Ma speculare. Ovvero, rovesciato. E che quel mondo sia reale, e noi solo il suo riflesso…
Mi guarda. Corrucciato. Poi.. “Ma allora io non sono scemo a fare queste domande…. perché a scuola…” già l’educazione alla “realtà”. O presunta tale. Quella che ti impedisce di fantasticare su una fiaba. O uno specchio. E però ti costringe a vivere nella paura per qualcosa che non vedi. Ti obbliga quasi a non respirare, per il timore di morire. Ti schiaccia. Distrugge i sogni. E ti imprigiona in grigi incubi. Fossi un buon educatore e un buon padre, dovrei allinearmi. Per favorire il suo inserimento sociale, mi dicono. E invece…
Invece continuo a parlare di specchi. Magici. Quello della Strega di Biancaneve. E quello, minaccioso, di Kull di Valusia, nel racconto di Howard. Mi spingo, addirittura, a far riferimento – molto semplificato – ad un saggio “Magia degli specchi”, letto secoli fa su “Ur”, la più strana rivista mai apparsa. Firmato, se non ricordo male, con lo pseudonimo “Luce”…. Insomma, tanta roba… Troppa, forse. Vedo che comincia ad essere stanco. E taccio. Si allontana, verso la sua camera… poi, però, si gira. E…
“Sai papi? Un giorno io ci entrerò davvero nello Specchio. E andrò a vedere cosa ci sta di là…” sorrido
Ne sono certo.