In questa stagione, l’inizio dell’inverno, la terra appare fredda. Morta. Le ultime foglie si sono ormai staccate dai rami, e, al suolo, sono divenute una fanghiglia ghiacciata, scivolosa. Il suolo risuona cupo sotto i passi. Come se la terra fosse cava. E vuota…
Eppure, sotto la coltre di brina che si deposita al mattino, urge una vita… frenetica. O almeno così ci raccontano le leggende, le tradizioni. Le favole. E così pure percepiamo, o meglio sentiamo, se riusciamo, per qualche attimo, a restare in silenzio. A sospendere quel continuo rimuginare che ci rende alieni dal mondo. Mondo che crediamo di possedere. Dominare. Mentre… L’emozione e il pensiero di Leopardi, di fronte alle rovine di Pompei…
Nella Terra d’inizio inverno urge la vita. Quella vita che si è ritratta dalla superficie. E nascosta nelle profondità
L’immaginario collettivo dei popoli, che si esprime in fiabe e leggende, parla di esseri meravigliosi, strani, talvolta inquietanti che vivono in questo sottosuolo. I nani della fiaba di Biancaneve, ad esempio. Che lavorano come minatori, scavando la roccia. Ovviamente nel racconto dei Grimm, che palesa, molto più delle versioni moderne, il tema dell’inverno, della neve, della profondità terrestre splendente di magici cristalli. Il Regno dei Nani di Tolkien, per intenderci.
La Terra cava è il Paese Incantato. Il Regno di Sidh del mito irlandese, fattosi incredibile repertorio di fiabe popolari… Dimora di folletti, fate, elfi… ed anche figure molto, ma molto meno rassicuranti. Anzi, decisamente inquietanti.
Perché sono i due volti della stagione invernale. La vita che attende la resurrezione del Sole. E che matura nei semi gettati nei solchi ad Autunno. La bellezza dei cristalli. Che si riflette nella brina e nella galaverna, che adornano gli alberi di fantasmagorici addobbi. E lo splendore della Luna di Dicembre rende i paesaggi magici.
Tuttavia vi è, come sempre, un lato oscuro. La tenebra che non vuole cedere al ritorno del Sole. E che combatte, facendosi più densa, pervasiva ogni notte. Sino al Solstizio. E oltre.
E l’immaginazione evoca altri spiriti. Inquieti e inquietanti. Sovente addirittura minacciosi… Come le schiere che combattono sotto le insegne della Strega Bianca, nelle Cronache di Narnia, di C. S. Lewis. La Strega che vorrebbe mantenere il mondo in un gelo perpetuo. Un Inverno senza fine. Il Grande Inverno del mito norreno. Che prelude al Giorno delle Asce. Alla battaglia finale. Al Raggnarok.
In una leggenda diffusa in tutta la regione balcanica – con echi che rimandano all’antica Anatolia – il Mondo si regge su un gigantesco Albero. Che evoca l’immagine di Yggdrasill, il Grande Frassino dell’Edda. Nelle profondità, dove affondano le radici, vi sono delle specie di folletti, o di elfi oscuri. Che lavorano incessantemente per cercare di erodere quelle radici. Di far cadere l’albero.
Nelle leggende della Grecia odierna vengono, in genere, chiamati Kallikantzaroi. Anche se possono avere molti altri nomi. Ed hanno, a loro modo, a che fare con le tradizioni del Natale.
Mezzi uomini, ma irsuti come cinghiali, orsi, lupi… Tanto che si fa risalire l’etimo alla parola turca che definisce i “Mannari”.
Trascorrono l’anno a cercare di erodere le radici dell’Albero. Celati nelle profondità. Ma nel periodo di Natale fanno irruzione nel mondo degli uomini. Furenti. Perché ogni Natale l’albero si rinnova. Rinasce. Il Cristianesimo ortodosso ha voluto vedervi il presagio della Resurrezione di Cristo.
Sulla terra i Kallikantzaroi si scatenano per dodici notti. Perpetrando terribili beffe. Rubando i doni. Lordando le mense. Trasformandosi in incubi.
Sono il volto oscuro del Solstizio. Per tenerli lontani è necessario che il ceppo nel camino arda senza mai spegnersi. Sino al l’Epifania. La Festa più importante, per l’Ortodossia. Quando, con solenni processioni ed esibizione di Icone Sacre, vengono benedetti i fiumi, gli stagni, i campi. E i Kallikantzaroi sono costretti a tornare nelle profondità. E a riprendere la loro inutile fatica.
Inutile, perché, per quanto possano lottare le Tenebre, alla fine la Luce vince sempre.
Un augurio per questa nostra età Oscura, una speranza..