Va tutto così meravigliosamente bene in Italia, e la ripresa è così vera, che i poveri assoluti hanno ormai quasi raggiunto quota 5 milioni
Per questo diventano fondamentali le attività di contrasto alla povertà e alla disperazione, come quelle messe in campo dalla Fondazione Progetto Arca, presieduta da Alberto Sinigallia.
Presidente, come nasce il vostro progetto?
Nasce 24 anni orsono, a Milano, tra le persone che collaboravano ad una iniziativa di Fratel Ettore. Nel 2001 ci siamo trasformati da associazione in Fondazione e da Milano ci siamo progressivamente estesi in altre regioni e città italiane, da Roma a Napoli, da Torino a Ragusa e così via.
I vostri dati sono impressionanti: 15 centri di accoglienza, 5mila pasti al giorno, 2mila posti letto per la notte, 4.572 pacchi viveri distribuiti lo scorso anno alle famiglie in difficoltà. Ma Progetto Arca non si occupa solo di carità, andate anche oltre. In che modo?
Noi siamo impegnati a far uscire le persone dall’indigenza, non a mantenerle nella povertà. Ad Opera, vicino a Milano, siamo coinvolti in una impresa sociale, il Progetto Mirasole all’interno dell’omonima abbazia. Cucina, industria, ostello, attività formative e lavorative. Così si restituisce la fiducia in se stessi a chi l’ha persa per i più svariati motivi.
Progetto Arca interviene quotidianamente per aiutare i clochard che sono in drammatico aumento nelle grandi città. Molti, però, rifiutano un aiuto che passi anche dai dormitori. Hanno paura delle risse, degli stranieri, di chi ruba le poche cose rimaste. È davvero così?
Sì, per questo noi non proponiamo solo una logica di sistemazione provvisoria in un dormitorio, ma proponiamo una soluzione in alloggi veri e propri, favorendo il reinserimento sociale. Si ricreano rapporti, vincoli. Si tratta di un investimento che conviene anche economicamente. Prima si reintegrano nella società e prima escono dal numero delle persone che lo Stato deve sostenere. Investire in integrazione sociale significa creare nuove risorse sociali, chi esce dall’indigenza lavora, guadagna e paga le tasse. In Canada, per queste iniziative abitative e di reinserimento, è stato stanziato 1 miliardo di dollari canadesi in un solo anno.
Ma ci sono abitazioni sufficienti?
Noi ne abbiamo a disposizione una sessantina e ne stanno arrivando altre 40. Quello che non funziona è il procedimento di assegnazione degli alloggi pubblici. In Lombardia ci sono 8mila abitazioni vuote e 10mila famiglie in lista di attesa. Con Fondazioni come Cariplo disposte ad intervenire per la ristrutturazione.
Chi sono i nuovi poveri in Italia?
Di ogni tipo. Ci sono padri separati che, a causa delle sentenze, non possono più permettersi una casa. E ci sono sempre più casi di morosità incolpevole. Nella sola provincia di Milano ci saranno 300 sfratti la prossima settimana. Famiglie che non possono più pagare un affitto, famiglie che hanno già pagato il 70-80% del mutuo e perdono tutto perché uno dei coniugi è rimasto senza lavoro e con gli stipendi di oggi non si riesce, da soli, a far fronte al mutuo ed alle spese quotidiane. Un assurdo anche economico oltre che sociale. Madre e figli finiscono in comunità e costano, alle strutture pubbliche, 150-200 euro al giorno mentre i padri finiscono per strada. E se hanno più di 50-55 anni, un nuovo lavoro non lo trovano più. Eppure, con un investimento molto inferiore, si potrebbe evitare lo sfratto, soprattutto di chi lavora ma non può affrontare tutte le spese.
Cosa deve fare chi si trova in questa situazione?
Rivolgersi a noi per un aiuto, prima che sia troppo tardi.