Strano Aprile. È iniziato come se fosse quasi già estate. E nei giorni di Pasqua, nonostante la Zona Rossa, vedevi ragazzi girare in maglietta mezze maniche, le ragazze addirittura in canottiera scollata, manco fosse giugno… E per molti l’attrazione del mare, della spiaggia si è fatta così forte da spingerli a sfidare il Grande Assurdo che sembra inibire e spegnere le nostre vite da più di un anno…
Poi, però, l’inverno è tornato di colpo. Anche qui a Roma, con temperature, al mattino, prossime allo zero. E altrove è scesa la neve sui ciliegi già in piena fioritura. Come in una stampa giapponese… come in una pagina di Mishima.
Poco male… si resta più volentieri in casa la sera. E si finge di non sentire la costrizione. La gabbia in cui siamo rinchiusi. È per via del freddo, ci raccontiamo da soli… e fingiamo di dimenticare il ridicolo coprifuoco, le forze dell’ordine trasformate in birri di manzoniana memoria, generali e medici che minacciano per via mediatica…
Fa freddo. È ancora inverno… Solo la luce è diversa. Tersa, limpida. E la notte tarda a scendere.

Quando scende, però, come scrive Conrad, giungono i fantasmi. Il popolo della notte. Un popolo che non svanisce con le brume invernali. Perché, certo, l’ambientazione delle storie di fantasmi è, quasi sempre, legata ad atmosfere nebbiose, gelide…. Castelli scozzesi, brughiere… robe così, insomma.
Tuttavia ogni stagione ha i suoi fantasmi. Anche la primavera. E sono, certo, altri fantasmi. Diversi. Incutono meno paura. Anzi, non la fanno proprio. Un po’ come quei sorridenti, allegri “Fantasmi a Roma”, Mastroianni, Buazzelli, Gassman (quello vero), Eduardo… e una smagliante Sandra Milo. Troppo opulenta per essere spettrale…
Sono fantasmi con i quali, nell’insonnia o nel dormiveglia che ti rallenta sulla soglia del sonno, è, in fondo, piacevole intrattenersi. Chiacchierare. Perché ti riportano ad epoche trascorse… ma mai realmente passate. Non nella memoria, almeno. In quella parte della memoria ove il passato resta perenne presente.
Fantasmi delle Primavere. Allegri, festanti. Come spiriti degli alberi. Presenze che vengono con la fioritura. Evocati dai profumi della nuova stagione che compenetrano l’aria della notte, rendendo insolitamente dolce questo vento gelido.

Ti riportano, questi fantasmi, echi di Primavere trascorse. Lontane. Primavere vissute nella giovinezza, amori, passioni…. il riso delle Driadi che sembrava venire dai boschi del Cadore, tra le pendici dell’Antelao e le frane di ghiaia che contornavano la Croda Marcora e la vetta del Sorapis… I voli improvvisi di grandi corvi, in strani cerchi, come a disegnare nell’aria una runa…. La leggenda dei Monti Pallidi, Donner che, Dio antico o cavaliere, dorme, non lontano, in una grotta…
I fantasmi della primavera sembrano uscire da una fantasia di Shakespeare. O, meglio ancora, dal pennello del Botticelli. Spiriti che volano eterei. Figure femminili d’inusuale leggiadria colte nella danza. Lei, Flora forse, Simonetta dicono gli storici, chi incede lieve.
E il suo passo diviene fioritura. E profumi…
Ricordare è, per una volta, dolce. In una sera come questa, lenisce la pena di un sopravvivere, non veramente vivere, quotidiano. In un’atmosfera cupa, plumbea, peggio ancora amorfa, questi fantasmi portano sprazzi di colori. Di luce. Paradossalmente portano la vita.
Perché, mai come oggi, diviene palese che forse, qui, in quella che chiamiamo realtà, e che subiamo, vi è l’esistenza. O, per lo meno, la sua, sempre più vacua, parvenza.
Ma la vita… La vita è altrove. Un altrove da dove giungono ancora questi visitatori notturni.
Questi, allegri, fantasmi della Primavera.