Dopo i primi due lavori La terra dell’abbastanza (2018) e Favolacce (2020), Fabio e Damiano D’Innocenzo tornano in sala con un film debuttato allo scorso festival di Venezia: “America Latina”. La pellicola, un thriller psicologico su un dentista di provincia (interpretato da Elio Germano) che compie una terribile scoperta nella cantina della sua villa di campagna, è arrivata in sala lo scorso 14 gennaio. In questo articolo analizzeremo il significato del film “America Latina” e del suo titolo.
LA PSICOLOGIA DI AMERICA LATINA
I D’Innocenzo tornano a far emergere i disagi della provincia, dando uno sguardo frigido al languore della vita adulta. Un film sul vuoto esistenziale: e se, da grandi, i nostri progetti non si realizzassero? E se i nostri mostri continuassero a perseguitarci? E se tra trent’anni ci ritrovassimo ancora davanti al solito bar, giusto per riempire le nostre inutili serate?

America Latina esce in un momento tristemente propizio, in cui la salute mentale degli italiani è stata accantonata dal governo, bocciando la proposta del bonus psicologo. Il sostegno psicologico è ancora un tabù in Italia: la scelta di intraprendere un percorso è spesso vista come una scelta da compiere in extremis. Il costo può inoltre risultare dispendioso, non contribuendo alla sua normalizzazione. La psicoterapia risulta così inaccessibile per alcuni. Non solo America Latina tocca questi argomenti, ma funge proprio da immaginario in cui la paura e l’odio diventano ingestibili.
il significato del titolo “America Latina”
Il titolo del film è un gioco di parole. La pellicola non ha niente a che vedere con il sud America: “Latina” sta per la provincia laziale, il luogo in cui è ambientata la vicenda. “America”, invece, è simbolo del desiderio di riempire di avventurosità un luogo così insipido. Non è un immaginario nuovo per i fratelli D’Innocenzo: La terra dell’abbastanza e Favolacce sono entrambi ambientati alla periferia di Roma, esplorando gli angoli più bui di una realtà apparentemente ricca di vita e cultura. America Latina si spinge ancora più in entroterra, evidenziando la volontà di un film ancora più in profondità.
In questo contesto è utile guardare anche all’apertura del film: un montaggio frastagliato di strade campagnole, su cui i titoli di testa scorrono da sinistra verso destra. É un viaggio verso una meta precisa: la villa di Massimo Sisti, protagonista del film. La macchina da presa entra nei cancelli, percorre il tortuoso vialetto e si ferma davanti alla maestosità della residenza, munita di piscina, rampa di scala esterna di un azzurro vistoso, ed ampie vetrate illuminate dal sole. I D’Innocenzo citano altre due opere dal forte valore psicologico: Rebecca (Alfred Hitchcock, 1940), che si apre nello stesso modo, e Velluto blu (David Lynch, 1986) in cui si parte da strade soleggiate di periferia, per poi avventurarsi verso un mondo sempre più grottesco – appunto, l’America.
la spiegazione del finale di “America Latina”
Volendo elaborare il finale del film, ci saranno spoiler.
Dopo la sfuriata contro sua figlia durante il suo compleanno, Massimo si rende conto di non voler perdere la sua famiglia (sua moglie Alessandra e le due figlie Ilenia e Laura) a causa della sua salute mentale deteriorante, cominciata a declinare dopo la scoperta di una bambina imbavagliata in cantina, perno centrale di tutto il film. Massimo ha tenuto nascosto il terribile segreto a tutti, cercando nel frattempo di capire il vero artefice. Per riottenere la fiducia della sua famiglia, Massimo svela la presenza della bambina, ma la moglie e le figlie improvvisamente si volatilizzano.
Massimo viene arrestato, la bambina viene portata in salvo. Sentiamo la voce di un telegiornale: della sua famiglia non ci sono tracce. Massimo, infatti, è reputato da tutti un uomo schivo, che viveva lontano da qualsiasi rapporto affettivo. Il film si chiude con Massimo seduto in una cella, che guarda la moglie e le figlie, accovacciate sui letti.
America Latina ruota intorno all’incertezza della realtà del rapimento, quando invece è l’unico aspetto reale che ci viene mostrato. La vita con la moglie e le figlie è un costrutto mentale del protagonista, creato per osteggiare la solitudine e l’odio per sé stesso, scaturito dal rapporto che ha Massimo con suo padre, vero punto cardine della costruzione del suo personaggio. Alessandra, Laura e Ilenia non sono nient’altro che figure mitologiche. Sono quasi sempre in gruppo, indossano gli stessi colori, i loro abiti con l’andare avanti del film si fanno sempre più vistosi e ultraterreni, come dei dipinti romantici viventi.
Questi sono alcuni degli indizi che i D’Innocenzo piazzano nella messa in scena, assieme ad altri meno palesi: Massimo, dentista, è circondato da una famiglia dalla dentatura particolare e imperfetta, ad evidenziare una “falla” nella sua creazione una perfezione a cui adempie, ma che non riesce a raggiungere. Massimo rapisce la bambina cercando affetto reale, volendo riempire il suo grande casolare di campagna, che è stato sempre tediosamente vuoto. La bambina imbavagliata è reale proprio perché è lo specchio di Massimo – intrappolata nella vuotezza di una cantina che si sta allagando, è quasi muta, e viene seviziata da sé stessa.
America Latina è disponibile al cinema dal 14 gennaio.