No, non è giusto chiamare “presidenta” Giorgia Meloni. Presidenta richiama la peronista Cristina Kirchner e di peronista, nel nuovo governo italiano, non c’è proprio nulla. Diventa anche piuttosto difficile illudersi su una componente di “destra sociale” solo perché il neo presidente del consiglio ha ricordato il dramma dei morti sul lavoro. A volte un accenno alle morti bianche compare persino nei discorsi del presidente di Confindustria. E poi, immancabilmente, si continua a morire per evitare di investire nella prevenzione e nella sicurezza.
Però bisogna riconoscere a Meloni il merito della chiarezza. Il suo non sarà un governo “sociale”. Il suo non sarà un governo di sintesi tra le varie anime della destra. Sintetizzate dal giornalista sardo Fabio Meloni in “generazione Fronte della Gioventù”, “generazione Atreju” e “crosettiani”. Hanno vinto questi ultimi ed i reduci di Atreju si sono accodati. Gli altri sono stati invitati a votare per essere ora liquidati con il solito ricordo dei morti ammazzati a colpi di chiave inglese o di mitraglietta. Quelli assassinati dai “servitori dello stato” meglio non ricordarli.
Molto strumentale la giustificazione dell’antitotalitarismo recuperando il pensiero di Alain de Benoist quando, del pensatore francese, si dimentica tutto il resto poiché non proprio in linea con gli interessi statunitensi.
Ma va bene così. Almeno è chiaro per tutti che il nuovo governo si colloca nell’area conservatrice. Con meno coraggio rispetto a Ungheria e Polonia nel rifiuto del politicamente corretto. Non a caso il grigiocrate Mario Monti, senatore a vita per meriti anti italiani, ha espresso il proprio apprezzamento per il nuovo governo. Dunque, come è giusto che sia, l’esecutivo verrà giudicato non per le posizioni ideologiche ma per gli interventi concreti. Si vedrà se l’inflazione sarà frenata, se il potere di acquisto delle famiglie aumenterà, se il lavoro supererà la precarietà. Se ai giovani verranno offerte occupazioni sicure e ben retribuite e non occasioni di sfruttamento senza tutele. Se l’arrivo dei clandestini sarà bloccato, se l’ambiente non verrà distrutto in nome del profitto, se le piccole imprese saranno tutelate e non massacrate per lasciar spazio solo alle grandi multinazionali.
Poi toccherà a Sangiuliano, ministro della cultura, cercare di inserire un minimo di pensiero alternativo, recuperando un pensiero che non è quello di Crosetto. Un compito difficile, perché dovrà valorizzare una cultura in contrasto con la prassi liberista ed atlantista.