Il 13 giugno Malcom McDowell, l’indimenticabile Alex del film Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, ha compiuto 75 anni.
Forse ai più giovani il nome e il personaggio non diranno molto. Ma per chi era un ragazzo agli inizi degli anni Settanta quell’attore e quel personaggio significano parecchio. Rappresentano il desiderio di ribellione di un’intera generazione contro uno Stato opprimente e una società buonista; una generazione che non aveva nessuna intenzione di allinearsi con i luoghi comuni liberal che venivano imposti da una martellante propaganda a senso unico.
Il film di Kubrick, ispirato (ma solo nel titolo) all’omonimo romanzo di Anthony Burgess (che in realtà si intitolava Arancia ad Orologeria) suscitò un enorme scalpore allorché uscì nel 1971, e il suo protagonista, Malcom McDowell appunto, divenne un’icona pop.
Triste destino, visto con il senno di poi: infatti l’attore rimase irrimediabilmente legato a quel personaggio al punto tale che, pur continuando a interpretare in seguito decine di film, non riuscì più ad ottenere ruoli che potessero bissare il successo del film di Kubrick.
McDowell si dovette accontentare di ricoprire ruoli di secondo piano in pellicole di scarsa importanza. Lavorò persino con Tinto Brass e nell’orribile Mortacci di Sergio Citti. A parte un paio di comparsate in altrettante pellicole di Robert Altman, nessun grande regista lo volle più. Ormai la sua faccia era quella di Alex DeLarge, il capo dei Drughi, amante di Beethoven e dedito all’iperviolenza.
Pensate che, per sbarcare il lunario si abbassò persino a interpretare il personaggio di un videogioco e a sporadiche comparsate in diverse serie televisive. Sempre, però, in modo occasionale e sporadico, e in produzioni di scarsa rilevanza.
Unica eccezione Mozart in the Jungle: ma in quel caso l’età aveva cambiato a tal punto i lineamenti del suo viso che solo un occhio molto allenato avrebbe potuto riconoscere in lui il ragazzotto che, sulle note del sintetizzatore di Walter Carlos, mormorava all’inizio del film: «Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pete, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova Milkbar, arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova Milkbar vende latte più, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalinica, che è quello che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto, e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza.»