Scrivere un libro è sempre un atto d’amore. Il più delle volte soltanto nei confronti di se stessi, una forma di narcisismo che richiede uno sforzo che, nella stragrande maggioranza dei casi, sarebbe degno di miglior causa.
Ma, più raramente, il libro è un gesto d’amore nei confronti di qualcuno che ha rappresentato una presenza importante nella vita dell’autore.
È il caso di “Anita – un nome, un destino. 1922 – 2022, il secolo lungo” di Maurizio Grandi, edito da La Torre (220 pp. 15,00€), che sarà presentato domani alle 18,30 presso il Giardino La Limonaia, in via Mario Ponzio a Torino.
Alla presentazione saranno presenti, oltre all’autore, anche Augusto Grandi, Gustavo Mola di Nomaglio e Lanmarco Laquidara.
Il testo racconta la vita di Anita Toselli, mamma dell’autore, del nostro Augusto direttore e della loro sorella Licia, in occasione del centenario della nascita.
Tuttavia il lettore non si deve aspettare una biografia di tipo tradizionale. Si tratta di un atto d’amore, si diceva; e quale amore più grande si può immaginare di quello di una madre per i figli, o di quello dei figli per la madre?
Pertanto gli autori, che sono gli stessi figli di Anita, hanno preso le mosse da un quaderno ritrovato tra gli oggetti più personali della mamma, e ci hanno costruito intorno un racconto a più mani del secolo lungo che va dal 1922 a oggi.
Quanto ne viene fuori è un affresco atipico che inserisce le vicende di una donna di origini piemontesi che nasce nell’arretrata Sardegna di inizio Novecento, è costretta a trasferirsi in Piemonte dopo la prematura morte del padre medico condotto; e che qui segue studi in diversi istituti, a causa dei diversi spostamenti ai quali è costretta la famiglia. Poi viene la necessità di lavorare, perseguita con tenacia anche durante il periodo bellico; la vita da sfollati e le ristrettezze economiche negli anni della Guerra Civile. E poi il dopoguerra, il fidanzamento, le nozze, la famiglia. Una serie di situazioni e di vicende nelle quali è facile riconoscere quanto è accaduto alle mamme e alle famiglie che, come chi scrive, hanno avuto genitori che sono vissuti nello stesso periodo.
Il tutto è inserito in un appassionato resoconto di quanto successo intorno alla figura di Anita. Una ricostruzione storica che va a riempire i buchi di quanto la stessa Anita non dice, o non vuole dire. Non si tratta di reticenza ma di riservatezza, frutto di una educazione di altri tempi che oggi sembra roba da medioevo, ma che un tempo era alla base della creanza su cui si basava il complesso dei rapporti sociali fuori ma soprattutto dentro la famiglia.
Il testo è arricchito da una ricca raccolta di immagini che raccontano la vita della protagonista ma anche del contesto sociale nel quale ebbe a trascorrere la sua esistenza.
Un libro speciale, fuori dal comune, pieno di passione e di, come si diceva, amore. Quello vero.