Mi capita sotto gli occhi un passo di Tacito. Fb fa di queste… sorprese. In mezzo alle più complete assurdità, agli esibizionismi più indecorosi, ti salta fuori qualcosa di davvero interessante. E profondo. Il fiore in mezzo alla cloaca. È sempre stato così, nella vita. E ora nella vita… virtuale.
Comunque Tacito, XI degli Annales. Opera che è stata fondamentale per me. Alla quale devo molto. È il vertice dello stile che, appunto, viene detto tacitiano. Secco, sobrio, scabro… di assoluta eleganza. E la visione della storia. Come narrazione innanzitutto. E priva di qualsivoglia pregiudizio progressista. Anzi, Tacito è il maestro dell’anacronismo. Un lottatore contro il suo tempo, per rubare la definizione che Rudolf Steiner diede di Nietzsche. Non a caso il filosofo col martello, come Nietzsche amava definirsi, deve molto all’autore degli Annales. Nello stile e nel pensiero.
Capitolo XI. Il, grande, discorso di Claudio di fronte al Senato. Quanto sia il vero discorso dell’Imperatore, è però lecito dubitare. Claudio era uomo colto. Di straordinaria eruduzione, capace ancora di leggere l’etrusco… ma non era un vero oratore. Cosa che, invece, era Tacito. Allievo di Quintiliano, e considerato uno dei più grandi avvocati del suo tempo. Della sua arte oratoria, sono documenti l’elogio funebre del suocero, Giunio Agricola. E i discorsi inseriti nelle opere storiche, su modello di Sallustio. E del greco Tucidide.
Comunque, Claudio perora la causa dell’ammissione in Senato dei notabili gallici. Quindi dei barbari. Cosa che ai vecchi senatori faceva venire l’orticaria.
Ma l’imperatore ricorda come la sua stessa famiglia, i Claudii, veniva da altra città. E così i Giulii, i Porci… Insomma, tutte le grandi famiglie del patriziato romano, non erano romane in origine. Provenivano dalle città e dai popoli dell’Italia che Roma andava via via sottomettendo. E integrando.
Saggezza delle leggi della Res Publica. E di Romolo, il fondatore. Roma conquista, certo. Ma non distrugge. Anzi, trasforma i nemici in amici. I barbari in Romani. Quello che non avevano saputo fare né Atene, né Sparta. Che, proprio per questo, alla fine erano crollate.
Mi fermo qui. Perché, a questo punto, qualcuno, magari il Direttore, avrà cominciato a sbuffare…. e dagli con sta storia dell’integrazione dei migranti…. è roba vecchia, sentita cento, mille volte. Le “risorse”, l’arricchimento culturale, il solito bla bla progressista… mi stai diventando anche tu politicamente corretto?
No, tranquillo. Non c’è proprio il pericolo… anzi, il discorso di Claudio, Tacito, rappresenta proprio il massimo della scorrettezza politica.
Perché insegna alcune cose ben precise. Valide oggi così come nel primo secolo dell’era volgare.
Vediamo un po’ di fare una sintesi. Vizio da vecchio professore.
I moti migratori non possono venire fermati. Così come le onde del mare. Le società che si chiudono in se stesse, vedi Atene e Sparta, sono destinate a finire per esaurimento. Roma resta il modello dell’Imperio per eccellenza, proprio perché, integrando e assimilando, ha avuto una durata senza pari.
Ma Roma conquistava. Non veniva conquistata. Accoglieva e integrava. Ma a patto che i barbari divenissero romani. Ovvero accettassero leggi, costumi, usi di Roma. E soorattutto facessero propria l’identità romana.
Naturalmente, nei secoli, Roma ha assimilato elementi di altre culture. Non solo dagli etruschi e dai Greci, ma anche dagli orientali, dai celti, dai germani…
Ma sono elementi che si sono armonizzati con il nocciolo duro dell’identità romana. Che non era – e qui Tacito è molto chiaro – una questione di sangue. Ma di cultura originale. Ovvero di atteggiamento dell’animo.
Tutto qui….solo una noterella senza tante pretese uno spunto di riflessione.
Sempre che qualcuno abbia ancora voglia di riflettere…. e non di urlare slogan da una parte o dall’altra….