Ferragosto. Strano Ferragosto. Un’atmosfera Irreale. Da un lato la voglia di vacanze, un’abitudine radicata. Sedimentata nel tempo. Voglia di mare, di lasciare la città, di dimenticare… Voglia di confusione, di movida, come si usa dire, di pantaloni corti, di sandali… Di odore dolcigno di creme abbronzanti, di abbuffate di pesce, di falò sulla spiaggia… Di promiscuità, e di avventure… Agosto, moglie mia non ti conosco, folle sarabanda uscita dal genio di Achille Campanile… Quando la moglie è in vacanza… Indimenticabile Marylin con le gonne sollevate dal vento improvviso. Il sogno erotico di intere generazioni….
Ma vi è l’altro Ferragosto. Quello dei dementi in guanti e mascherina sulle spiagge. Del distanziamento tra ombrelloni. Della misurazione della febbre in spiaggia (sic!), delle ordinanze e delle multe, vietato entrare in spiaggia dopo le 21:30, multa di 3000 euro (Anzio)… Il Ferragosto della paura, dell’esercito in tenuta antisommossa contro i bagnanti, della crisi economica, del bonus vacanza e dei monopattini, del niente sesso, e soprattutto niente baci abbiamo il Covid….
Strano, distorto Ferragosto. A Roma neppure ci si fa più gli auguri. Ed era uso radicato come quelli di Natale. Strano, per me, calato dal Nord Est. Un lanzichenecco, come mi definì un collega. Ma qui, dicevo, era uso salutarsi in questi giorni con squillanti e allegri Buon Ferragosto!… Ora, invece…
Ferragosto è una festa romana. Con origini antichissime, oggi completamente dimenticate. Le İdi di Agosto. Che bipartivano il mese. E che, però, in età arcaica cadevano il 13. Retaggio del mese di 28 giorni. Del Calendario Lunisolare di Numa. Poi venne Cesare…
I Romani antichi, quelli veri, come uso precisare, non andavano al mare. E alle İdi del mese, che solo molto più tardi prese il nome di Ottaviano, celebravano due divinità. Vertumno e Diana. Con offerte di sacrifici. Animali e frutti.
Due divinità antiche, ma non prettamente romane. Avevano i loro templi sull’Aventino, che era fuori del “pomario”. Dove, appunto, erano accolti gli Dei stranieri.
Vertumno era sabino. Ma con molti elementi etruschi. A Roma lo avrebbe introdotto Tito Tazio. Dio della vegetazione, certo. Ma anche, e soprattutto, del mutamento. Perché legato al mutare delle stagioni, in particolare alla fine dell’estate e all’avvicenarsi dell’autunno. Carico di nuovi frutti, fichi, cachi, castagne, uva… Soprattutto di nuovi colori. Il cangiare delle foglie. Dei campi. La vegetazione che sembra dipinta da un impressionista…
Ma non era solo questo. Era la continua Metamorfosi della natura e della vita. Della quale l’uomo deve riprendere coscienza. Perché ne è parte. Ma non lo ricorda. Per questo teme la morte. Non a caso uno dei più grandi poemi latini, e certo il più misterioso, è Le Metamorfosi. Di Ovidio.
Diana venne a Roma, ai tempi di Servio Tullio, da Nemi. Dove sorgeva il bosco a lei sacro. E dove regnava come sacerdote uno schiavo fuggiasco, che aveva strappato il ramo dell’albero sacro. E ucciso in duello, sacrificale, il suo predecessore. Perché Diana è Dea crudele. Cacciatrice e signora delle selve. Vergine e Irraggiungibile. Eppure sensuale e protettrice della maternità. L’altro volto di Venere, come intuisce il Marino nel suo Adone.
Diana è anche la Luna. O meglio la luce lunare che filtra attraverso il fogliame nelle radure boschive. L’identificazione con il pianeta è tarda, e legata al sincretismo con la greca Artemide.
È in quella luce soffusa che Diana va a caccia. Che sorprende e uccide le prede. Che si bagna, nuda e abbagliante, negli stagni.
Letale e fatale. Perché Irraggiungibile. Perché indimenticabile per chi abbia osato alzare gli occhi su di lei…
Antiche storie. Favole, si dirà. Ma favole, ovvero narrazioni, che ti preparano alla fine, ormai prossima, dell’estate. E che ti riportano in armonia con i ritmi della Natura. Con il suo incessante, ciclico mutare. Un processo infinito di morte e rinascita che ci spaventa. Terrorizza. Tanto che cerchiamo di isolarci con tutti i più, disperati e oggi ridicoli, mezzi.
Non riuscendo a coglierne l’immane potenza creatrice. E la profonda bellezza.
Buon Ferragosto.