Questo è l’elogio del brigante. Politicamente scorretto. Anzi, estremamente scorretto, sotto tutti i punti di vista. Ma, sinceramente, non me ne frega niente. E mi scuso con le signore per il linguaggio Oxbridge.
La notizia è che Graziano Mesina, il re di Supramonte, la Primula Rossa della Barbagia è nuovamente evaso. Ancora una volta latitante. Lo cercano in Sardegna. Lo cercano in Corsica . Ma già a qualcuno sembra di averlo intravisto in luoghi più lontani. In una osteria nei pressi di San Daniele del Friuli, ad esempio….
Perché Mesina è sì un uomo. Ma è anche, anzi soprattutto, una leggenda. Leggenda costruita con decine tra evasioni e tentativi di fuga, uno più rocambolesco dell’altro. Con gesta certo criminali, ma che avevano il sapore di un Western italiano. Anzi, sardo. E se l’immaginario collettivo ha trasformato in eroi i Fratelli James e Billy dhe Kid, perché non farlo anche con lui, con Grazianeddu… Che , a ben vedere, ai bandidos e bandoleros d’oltre Oceano aveva ben poco da invidiare…
Certo Mesina ha fatto cose bruttissime. Ha ucciso, anche se i suoi furono prevalentemente delitti d’onore. Secondo le regole arcaiche del Codice barbaricino. Ha organizzato sequestri di persona. Ma non ha mai assassinato i rapiti. Ed anzi, spesso, si è comportato con una sorta di rozza cavalleria. Si è scontrato armi in pugno con le Forze dell’ordine. E il suo sodale, Miguel Atzori, un disertore della Legione, in uno di questi scontri c’è restato. Purtroppo portandosi dietro due carabinieri… Ha anche gestito traffici di droga, flirtato con Giangi Feltrinelli che voleva metterlo a capo di una rivolta armata. Per fare della Sardegna la Cuba del Mediterraneo. Un delirio del miliardario utopista, rampollo dell’alta borghesia milanese, cui Mesina, figlio di pastori, concedette, forse, un po ‘ di spago. Ma senza crederci. Anzi, facendo il doppio gioco con i Servizi Segreti italiani. Con i quali, per altro, ebbe rapporti e commerci in più di un’ occasione.
Una vita da romanzo. E che lui stesso, istrione per natura, ha contribuito a rendere ancor più romanzesca. Tanto da affascinare Indro Montanelli. Istrione anche lui, anzi “gran paraculo” come lo definì, con affetto, Leo Longanesi. Che dalla vita del brigante sardo avrebbe voluto trarre, appunto, un romanzo…
Una vita in chiaroscuro. Dove, ovviamente, i lati oscuri sono moto più numerosi di quelli in luce. Ma non è di questa vita che volevo tessere l’elogio… Non mi affascina, né suggestiona più di tanto. Quello che mi colpisce, invece, è un uomo che si avvicina agli ottanta. Che ha ancora la voglia e la forza di evadere. E di darsi alla macchia. Scegliendo una vita che sarebbe dura per un giovane.
Quanto deve amare la libertà, quel vecchio brigante? Ultimo, ormai, di una stirpe che si va estinguendo. Una stirpe di quell’Italia antica dove gli uomini erano selvaggi e violenti, sempre pronti a metter mano al coltello. Ma erano uomini, nel bene e nel male. Poco rispettosi delle leggi e dei decreti. Ma con un loro codice. E un loro onore.
Ascolto “Bandidos” dei Tazenda. Bandidos, descamesados… A suo modo, un epos plebeo. Mi guardo intorno, e vedo i soliti pallidi spettri in mascherina, quelli che si affannano a scaricare l’App Immuni per essere controllati. Che, in fondo, si augurano una nuova quarantena. Che vogliono solo sopravvivere. Non vivere.
E Mesina mi diventa , in un certo senso, simpatico…