Un vecchio film, bianco e nero, con uno scatenato Alberto Sordi. E il cammeo di un Vittorio de Sica elegantemente annoiato. Il ritratto del moralista anni ’50/60, l’ Italia democristiana, la RAI che metteva i mutandoni alle Kessler, la censura, gli indici appesi fuori dalle parrocchie che, tra l’altro, mettevano la S di sconsigliato a “Topolino”… Per quale ragione, me lo sono sempre chiesto, senza avere risposta. Forse perché la relazione tra Paperino e Paperina non era legittima e coniugale, e i Tre Nipotini sembravano, o potevano sembrare frutto di uova adulterine…
Era l’Italia della rinascita economica, del boom, economico e demografico. Nel suo ventre profondo si agitavano pulsioni ribellistiche, insofferenze, inquietudini che, di lì a dieci anni, sarebbero esplose. Con il ’68 degli studenti, e, in modo ben più serio e concreto, con l’ Autunno Caldo delle fabbriche. L”Italia cambiò. E anche Sordi indossò nuove maschere…
Ma il “Moralista”, falso, ipocrita, sempre pronto a farsi scherano dei “potenti”, veri o presunti, di turno, non è scomparso. Perché è un tratto congenito all’ aspetto più meschino e vile dell’anima italiana. Quell’anima di cui l’Albertone nazionale è stato, ai suoi tempi, impareggiabile interprete.
Il Moralista ha solo cambiato maschera. Si è camuffato, cosa che gli riesce benissimo, visto che è la sua natura. Ed ha assunto, nel tempo, il ruolo dell’alfiere del politically correct – moda giunta da altra terra di ben più severo moralismo, di matrice calvinista, e quindi roba seria – declinandolo, però, nei toni di una farsa di terz’ordine… Antirazzista e contro ogni discriminazione, si scaglia contro la lingua italiana. Bisogna dire “architetta” non architetto. Dimostrazione di nessuna cultura linguistica, e di ben poco orecchio per le cacofonie… oltre che di una assoluta mancanza di senso del ridicolo…
Potrei continuare. Gli esempi, anche “illustri” di moralisti d’accatto si sprecano. Ma non credo che ne valga la pena. I genuflessi contro il razzismo sono pessimi attori. Non hanno il genio di Sordi.
Tuttavia una notizia mi colpisce. In una scuola, non importa dove, una vice Preside, in preda a sacro zelo, ha emanato una circolare che sta facendo discutere. Vista l’assenza dei banchi, le studentesse sono invitate a non venire in minigonna, onde non attrarre la morbosa attenzione degli insegnanti.
Ovviamente ha scatenato un inferno. Commenti e commentatori d’ogni risma e d’ogni opinione. Le zombie del vetero femminismo ridestate dai sepolcri…. Come se non ci fossero, in Italia, problemi ben più seri…
Già, mi si dirà, ma anche tu.. Vero. Ma intervengo – per quanto possa contare, ovvero nulla, il mio intervento – non per sostenere o deplorare. Anche perché allieve in minigonna vertiginosa ne ho sempre viste. E vi sono stati sempre vecchi professori che se le mangiavano con gli occhi. Il che, per altro, diventava spesso un elemento non accessorio della valutazione di certe interrogazioni… Per altro fenomeno in via di scomparsa, visto che, nella scuola, di insegnanti uomini ve ne sono sempre meno. Ormai rari come i panda. O come i liberali negli anni ’70…
Quello che non mi sembra si sia colto è, invece, che questa famigerata circolare non è un rigurgito degli anni’ 50 e chi l’ha emanata non è un clone in gonna – certamente maxi – del Moralista di Sordi. Entrambi appartengo ad una nuova declinazione dell’italica ipocrisia. Il neo-moralismo covidiota. Quello delle spie da balcone incentivate da appositi siti internet – versione moderna delle “bocche della verità destinate alle delazioni – dei censori che protestano se giri per strada senza mascherina, di coloro che denunciano chi non sembra rispettare il, fantomatico, “distanziamento”….
Perché, vedete, in questi mesi si è creata in Italia un’atmosfera oppressiva. Plumbea. In nome del “diritto alla salute” – assurda pretesa – si è abdicato non solo a tutte le libertà, ma anche al minimo senso critico. E del ridicolo.
Era solo questione di tempo. Ti lasci dire che puoi frequentare e chi no. Ti lasci obbligare ad una sorta di museruola. Ed anzi te ne fai vanto. Ti lasci imporre una non vita priva di relazioni sociali. Era inevitabile che poi ti cominciassero a dire anche come ti devi vestire. Tra un po’ anche cosa devi mangiare. Come e con chi ti devi accoppiare….
Esagero? Forse parlo per iperbole e paradossi. Ma paradossale è la realtà in cui ci siamo fatti costringere. Ci siamo fatti… perché siamo noi, gli italiani, che lo abbiamo voluto e lo vogliamo. Non siamo popolo d’eroi, santi e naviganti… Ma di cortigiani, vil razza dannata. Nelle nostre vene non sembra scorrere il sangue di Ferruccio Ferrucci, ma quello di Maramaldo. E il nostro autore non è certo Dante, di cui si celebrerà online l’anniversario. Ma Torquato Accetto. Quello del “Trattato della dissimulazione onesta”. L’apologia dell’ipocrisia cortigiana. Con una grande differenza, però. La dissimulazione del buon Torquato era onesta. Quindi dignitosa ed elegante. E poi lui serviva il Marchese Giovan Battista Manso, poeta e filosofo, mecenate di artisti come Tasso e Marino… Mica il Conte Zio e Casalino…