Precisiamo subito. L’estetica non è l’apparenza. Non è un’astrazione semiologica. Una forma di narcisismo.
L’estetica è il senso della forma. E della bellezza… È conoscenza attraverso i sensi. Infatti deriva, con l’usuale mediazione latina, dal greco “aisthanomai”. Percepire, conoscere con la mediazione dei sensi.
Dunque, dire che qualcosa è estetico o antiestetico è affermare una ben precisa percezione. Che comincia con la sensazione di piacere e dispiacere – fondamento di ogni giudizio – per poi divenire altro. Molto altro. Perché ciò che ci piace e ciò che, all’opposto, ci infastidisce o addirittura disgusta ci rivela il mondo. E, sopratutto, il nostro rapporto con le cose.
Ma di ciò ho detto anche troppo. Il punto è che una società, una cultura rivelano se stesse in primo luogo attraverso l’estetica. Ovvero attraverso la bellezza. L’arte greca ci trasmette immediatamente la sensazione di una ricerca dell’armonia, della proporzione, dell’equilibrio. E ci porta ad intuire un rapporto profondo dell’uomo con il Cosmo. Una spiritualità dove si rivela perfettamente il principio della kaloghatia: ciò che è bello è anche buono.
Mi si dirà che sono fissato con i greci. Vero. Ma vi è una ragione per questa mania. Dalla civiltà ellenica deriva, pressoché in toto, la nostra. Ovvero ciò che, nel bene o nel male, siamo. E i nostri canoni, i nostri parametri sempre da lì provengono. A partire proprio da quelli estetici…
Certo, sono esistite altre civiltà. Ed ovviamente altre estetiche. Tutte degne di rispetto. In molti casi mirabili.. Penso alla Cina, al Giappone… Tuttavia cerchiamo di essere sinceri. I nostri canoni, il nostro modo di percepire le cose è irrimediabilmente radicato nel mondo greco. Possiamo comprendere altre civiltà. Altre estetiche. Ma, appunto, restano “altre”. E comprenderle è e resta una mera posizione intellettuale. Non qualcosa di più profondo.
Giochiamo per paradossi. Presso gli Ottentotti, ovvero i Khoin del Capo di Buona Speranza, le donne sono considerate tanto più belle e desiderabili quanto più grasse, anzi obese sono. Con enormi, e prominenti, glutei. Vi ci ritrovereste?
La nostra estetica femminile pur con molte varianti storiche, resta quella della Venere di Milo. O della Venere di Botticelli, se preferite.
Il principio è che la bellezza deriva dall’armonia e dall’equilibrio della forma. Questo è buono. E ciò che è informe diviene, per converso, male. In sostanza, per usare termini “cristiani” l’informe, il brutto è diabolico. Perché espressione del Caos. Della disarmonia.
Comunque, ogni civiltà ha la sua estetica. E quell’estetica rivela lo stato della civiltà stessa. Il suo essere in salute o il suo decadere.
Quando un popolo perde il senso dell’estetica rivela la sua profonda decadenza. La corruzione della sua anima collettiva.
Arridaje, dirà qualcuno. Ora questo ricomincia con le geremiadi sulle mascherine e affini… E in parte, avrebbe ragione quel qualcuno…
Perché, vedete, io non intendo entrare a discutere in termini scientifici – che non mi competono – del COVID e della sua, vera o presunta, pericolosità. Nè mettere in discussione il diritto di preoccuparsi per la propria salute. Di avere paura di morire. Ognuno se la deve vedere con sé stesso. Misurarsi con la propria coscienza e fare le proprie scelte. Senza pretendere, però, di imporle agli altri. A quelli che tali paure non condividono.
Però io sono un modesto osservatore della realtà che mi circonda. E cerco di raccontarla per come la vedo. Da cronachista. Non da sociologo o da psicologo.
E quello che vedo è una società che sta totalmente perdendo anche il minimo senso estetico.
Mascherine che deformano i lineamenti. Indossate, ormai, anche fuori contesto. In spiaggia. Donne seminude, bikini ridottissimi, maschera e guanti. Anche quando fanno il bagno.
Uomini che fumano con la mascherina sotto il mento. E che ingiallisce e trasuda catarro e nicotina.
Gente che mangia con la mascherina appena scostata. Lurida di grassi e umori…
Difficile che, a fronte di tali spettacoli, l’emozione estetica non sia di ripulsa. Di ripugnanza.
E se non si prova ripugnanza, vuol dire che si è perso ogni discrimine tra il bello e l’orrido. Quindi, tra il buono e il cattivo.
Ma noi dobbiamo vivere. Mi verrà risposto.
Purtroppo, però, la vita e la morte non la possiamo decidere noi. Mentre siamo noi, coi nostri comportamenti, che possiamo decidere la fine di una civiltà. Ed è quello che sta accadendo.