L’era Hyboriana è un parto della fantasia di Howard. Originale, anche se fondato su un coacervo di riferimenti, echi, citazioni, etimoligie più o meno fantastiche o fantasiose… Il mondo di Conan, il Barbaro per eccellenza. Un mondo popolato da antiche civiltà, raffinate, eleganti, colte… e in profonda decadenza. Sempre più dimentiche di se stesse. E delle proprie radici…
Letteratura fantasy. Letteratura di consumo e di serie B, come ci si ostina a classificarla in Italia. Con l’ottusità intellettuale che vuole considerare serio e artistico solo un libro noioso e verboso. Una delle tante, pessime, imitazioni della Recherche…
Mentre Howard è un narratore possente. Rozzo, forse, ma con un’immaginazione grandiosa. E, a suo modo, visionaria.
Mi viene in mente leggendo la notizia della riscoperta di una misteriosa città, grazie al ritirarsi delle acque del fiume Tigri. Nel Kurdistan irakeno. Doveva , dicono gli archeologi, essere la capitale del Regno dei Mitanni. Un’aristocrazia guerriera iranica, che dominava popolazioni prevalentemente hurrite. E che a lungo contrastò l’Egitto dei Faraoni. Prima di venire travolta dall’avvento degli Ittiti.
La notizia mi ha fatto pensare ad Howard. E a Leopardi. Strana associazione…. eppure…
“… Or dov’è il suono / di quei popoli antichi? / or dov’è il grido dei nostri avi famosi… /… Tutto è pace e silenzio… /e più di lor non si ragiona…”
La Sera del dì di festa. Un incipit che ne fa una delle più belle, e disperate, poesie d’amore di tutti i tempi. Ma questo è il finale. Ed è altra cosa…
Già, quante civiltà sono sorte e scomparse? Di quante non serbiamo più neppure la memoria? Quante , soprattutto, sono confinate al sogno?
Forse un visionario pazzo come Howard ne sapeva di più degli storici. E raccontava le Civiltà che precedettero la storia scritta. Diecimila anni prima della nostra era, secondo alcuni dei suoi agiografi. Molti di più, secondo altri. Perché l’Era Hyboriana si situerebbe tra l’inizio della nostra, e la fine di Atlantide. Che è leggenda, certo. Ma leggenda data per vera da Platone. Mica ti dico cotica, direbbero a Roma…
Quella che conta, però, non è la verità storica, sempre aleatoria. Sempre opinabile e soggettiva. È l’idea. L’idea che le civiltà sorgano. Si affermino. Decadano e infine scompaiono. Lasciando dietro di sé solo rovine. E misteriose città del silenzio. Come la capitale dei Mitanni…
E la causa della decadenza e della fine, va sempre cercata non in catastrofi esterne, pandemie, invasioni… ma nell’alienarsi dei popoli dalle loro radici. Dal loro perdere forza, perché ormai troppo flaccidi e paurosi. Dimentichi degli avi barbari, vigorosi e coraggiosi, che quelle civiltà edificarono…
In fondo si torna alla Germania di Tacito. Alla teoria dei popoli giovani e dei popoli vecchi. E, ovviamente, a Spengler.
Noi oggi siamo come gli Hyboriani di Howard alla fine della loro storia. Ripiegati su noi stessi. Paurosi di ogni minaccia. Timorosi di perdere le nostre comode, e sempre più inutili vite.
Crediamo di proteggerle queste vite, scadendo nel ridicolo, barattando ogni libertà. E, invece, così facendo acceleriamo solo la fine.
Arriveranno i barbari, inevitabilmente. Non saranno i Cimmeri feroci, i biondi Hyperborei o i selvaggi Picti della fantasia di Howard. Saranno altri… Ma noi, come gli Hyboriani, siamo destinati all’estinzione.