“La memoria era la parte migliore della sua indelligenza” dice di George Smiley, Jonh Le Carrè, in quello che è, per me, il capolavoro dei romanzi di spionaggio. “La Talpa”, da cui fu tratto anche un fortunato sceneggiato televisivo con sir Alec Guinnes.
Smiley la spia. L’antitesi dello James Bond di Fleming. Timido. Silenzioso. Insignificante. Flaccido. Ma dotato, appunto, di una memoria prodigiosa…
Oggi la memoria è non solo sottovalutata, ma viene addirittura disprezzata e irrisa. Non oggi solo. È da tempo che dire di uno studente “è mnemonico” equivale, in pratica, a dargli dello stupido. Incapace di ragionare. Ottuso.
Lo studente che piace ai nuovi docenti che rigettano nozioni e lezioni frontali (traduco : che a scuola non spiegano un beneamato) non ha necessità della memoria. Per quella c’è Wikipedia. Il brillante giovinetto deve saper parlare a vanvera di tutto un po ‘…. Ovvero di ciò che non sa, e non si preoccupa di sapere. Tanto anche gli insegnanti, ormai, tendono sempre più a confermare Il detto, un tempo calunnioso, “chi sa fa, chi non sa insegna”…
Certo, il colpo di grazia alla memoria è stato dato dai supporti informatici. Con un clic si trova in rete tutto ciò che è necessario sapere su qualsiasi argomento, dalla teologia gnostica alla fecondazione artificiale dei tacchini.
Un progresso, mi si dirà. Il problema, però, è che con questi precotti diventa difficile, se non impossibile distinguere l’importanza delle cose. Tanto che, per restare agli esempi citati, la teoria degli Eoni e il prelievo del seme del tacchino assumono la medesima importanza per intelligenze, chiamiamole così per abitudine, inette a stabilire una gerarchia fra le cose. Piatte, come piatto è lo schermo del cellulare o del tablet dal quale traggono nozioni alla rinfusa.
Quando si usava la memoria era diverso. Perché la memoria non è una spugna. Non assorbe, senza discrimine acqua limpida e acqua sporca. Seleziona. Costruisce un ordine. Un edificio…
I teatri della memoria. Che, per certi versi, sono gli antenati del computer.
Con una differenza, però. La mente di chi li costruiva a propria misura, e poi li utilizzava sistematicamente era attiva. Vigile. Stimolata ad una continua ascesi del pensiero… Oggi, avviene l’esatto contrario. Utilizziamo strumenti che conosciamo, nella migliore delle ipotesi, solo in minima parte. E rispetto a loro siamo passivi. Li subiamo. E, quindi, il nostro modo di pensare viene determinato da loro. E da coloro che ne controllano le fonti. Il che, per inciso, spiega certe derive politiche, sociali e mediatiche che stiamo vivendo. Anzi subendo… Ma su questo non mi soffermo. Altrimenti rischio di passare per un pericoloso complottista….comunque, se ne avete l’uzzolo, andate a leggervi le opere di mnemotecnica di Giordano Bruno. E provate a cogliere la differenza di tono interiore con certe Piattaforme oggi tanto in voga. E coi loro, tristi, guru e padroni…
Perdere la memoria… Uno dei malı più gravi che affliggono la nostra società. Gli antichi Druidi celtici vietavano di utilizzare la scrittura. Anche se la conoscevano. Perché gli allievi dovevano esercitare la memoria. Apprendere e ricordare migliaia e migliaia di versi. Che racchiudevano tutto il sapere. I miti ed i riti. La scienza della natura e l’astronomia. Le leggi.
Non diversamente faceva Pitagora. Nessun allievo della sua scuola disegnò mai una figura geometrica. Né vergò numeri su un foglio o sulla sabbia. Tutto doveva avvenire nella mente. E la Memoria era il deposito da cui trarre e ove riporre le conoscenze.
Ma noi viviamo in un’epoca senza più memoria. Ed è anche questo che sempre più ci sta riducendo a degli automi senza volto e senza carattere. Passivi strumenti nelle mani di chi ci manipola attraverso macchine dalle quali siamo, ormai, totalmente dipendenti.
L’incubo surrealista di Fritz Lang. Metropolis. Praticamente una grande città italiana in questi giorni…