Una maestra di una scuola primaria di Genova ha postato una foto. Primo giorno di lezione. I bambini in ginocchio. Perché mancano banchi e sedie.
Caso limite, si dirà. Enfatizzato per amore di polemica politica. Per me, invece, è un chiaro simbolo dell’attuale situazione.
Se permettete, nə faccio un caso personale. E, visto che questo è il mio trentottesimo anno di insegnamento, spero scuserete se scadrò in una qualche veemenza. Il fatto è che di finire così la mia vita nella scuola è qualcosa che mi fa stare male. Mi indigna. Per non usare altre espressioni, visto che sembra che mi leggano alcune gentili signore…
Dunque, la mia è una scuola di oltre 1.700 studenti. Tra docenti e personale amministrativo siamo quasi in duecento. Tre sedi. Due fatiscenti. Per altro non nate per essere scuole. Blocchi, grigi e tetri, di case popolari, riadattati ad un uso improprio. Prive dei minimi requisiti di sicurezza. Ma tanto quello che conta è che noi si faccia tutti, docenti e discenti, corsi periodici sulla sicurezza. Così qualcuno ci guadagna….
Quest’anno gli astrusi e assurdi protocolli Covid hanno imposto il “distanziamento”. Servono, quindi, più aule. O più spaziose. Ovviamente non le abbiamo. Quindi, a settimane alterne, mezza classe sarà in aula, l’altra metà collegata online da casa.. Il che significa che metà di ogni ora di lezione andrà perduta nel verificare le presenze di quelli che seguono in DIDATTICA DIFFERITA. Nuova invenzione del Ministero, che sembra ormai occuparsi solo di creare nuove sigle una più strampalata dell’altra.
Per altro, nessuno potrà davvero verificare se gli studenti non in presenza – altra espressione della neolingua covidiota, solo vagamente imparentata con l’italiano – stanno seguendo mentre spieghi Dante, oppure stanno chattando o guardando un pornazzo in una finestra del computer… Non parliamo delle verifiche, perché non mi occupo di letteratura fantascientifica…
Per altro, tale geniale soluzione rappresenterebbe già una situazione ottimale. Perché qualche genio della Città Metropolitana ha deciso, proprio, in questi giorni, di dare avvio a lavori di restauro degli edifici previsti da almeno tre anni.
Risultato : due piani su sei sono inagibili. Ergo tutte le classi in didattica a distanza, per un primo periodo. Tranne le prime. Che verranno a scuola perché devono cominciare ad ambientarsi nelle superiori. Come, però, non si sa. Visto che essendoci solo studenti di prima, la scuola sembrerà, inevitabilmente, un prosieguo della terza media.
Per altro le prime verranno divise a metà. Metà classe farà italiano, l’altra metà matematica. Poi gli insegnanti si scambieranno. Veniamo caldamente invitati a ripetere esattamente la stessa lezione alle due metà della classe. Ovviamente ci riusciranno solo quelli che leggono dal libro. Con effetto soporifero sull’uditorio. Ma nella nuova scuola azzoliniana rappresentano gli insegnanti ideali. Piatti. Monotoni. Meri esecutori privi di vita ed iniziativa. Perfetti!
Mascherine. Entro a scuola. Bidella: prof… La mascherina! Quasi urlando.
Scusate, non ce la dovevate fornire voi all’ingresso?
Si… Ma non sono arrivate…
Dunque, a 0,50 l’una, e considerando che uno di questi, inutili, fogli di carta velina andrebbe cambiato ogni due /tre ore, il costo per insegnanti e studenti verrebbe ad aggirarsi sui venti /trenta euro al mese. Una tassa di circa trecento euro l’anno. Che arricchirà solo i produttori di tali schifezze. Così si capisce l’entusiasmo di Lapo Elkann, noto salutista, per i provvedimenti di Conte…
Sorvolo sui docenti che si aggirano mascherati per i corridoi e si salutano dandosi il gomito. Una contaminazione tra Frankestine Junior e il Fantasma dell’Opera. Col senso del ridicolo ormai completamente perduto. E chiaramente non parlo né di decoro né di dignità del ruolo…
All’uscita, una boccata d’aria. Tre studenti stanno appendendo uno striscione di protesta. Senza mascherine. Sono comunisti. In sostanza dei panda. E arrabbiati. Uno mi conosce bene. E sa come la penso. Si avvicina.
“Teniamo duro prof.”
Mi abbraccia….