Le immagini, spesso, risvegliano ricordi. O memorie. Sono solo un innesco che accende qualcosa, onde di emozioni. Rimembranze, le potremmo definire… Per seguire ancora una volta la lezione di Leopardi…
Vedo una foto di lucciole. Dei puntini luminosi, intensi. Su un fondo completamente buio. Una foto presa chissà dove e chissà quando… Perché vedere le lucciole, in città, è difficile. Probabilmente impossibile. Per altro pesticidi e inquinamento hanno, di fatto, comportato la loro sparizione anche nelle campagne. Da tempo, ormai. Pasolini, con la vena malinconica che attraversa i sui scritti migliori, quelli Corsari, lo considerava uno spartiacque. Quasi un segno dei tempi. La scomparsa delle lucciole come simbolo della fine di quella società contadina cui il poeta friulano si sentiva visceralmente legato.
Le stagione delle lucciole dovrebbe essere proprio questa. Nell’afa opprimente delle notti fra giugno e luglio. La stagione degli accoppiamenti. Le femmine, immobili, emettono la loro bioluminescenza per attrarre i maschi. Che, invece, svolazzano, emettendo una luce intermittente. Sono loro che producono quel fenomeno di punti luminosi che ha un suo, sottile, potere di fascinazione. Perché, quando ci accade di vederlo, forse oscuramente intuiamo che siamo di fronte ad un rituale erotico. Ad una sorta di canto d’amore…
Nel culmine dell’Estate, molte specie d’insetti e di animali superiori vengono presi da una sorta di follia erotica. I maschi si esibiscono. Luminescenti come nelle lucciole. Lanciano richiami. Gonfiano il piumaggio.
Molti anni fa, pedalavo dalle parti della pineta di Bibione, al confine tra Veneto e Friuli. Era pressoché questo periodo dell’anno, e la Notte di Mezza Estate era trascorsa da poco. Improvvisamente, nella luce e nel silenzio dell’aurora, mi si parò davanti un pavone. Che stava facendo la ruota. Forse era fuggito da qualche villa, là nel folto della pineta. E stava lanciando il suo silenzioso segnale d’amore alle femmine della specie. Che era, però, anche un saluto al Sole. Uno spettacolo che ti fa intuire purché una religione gnostica e arcana, quella degli Yazıdı, rappresenti il Demiurgo, l’Angelo caduto, proprio come un pavone…
Anche le lucciole le vidi, credo per l’ultima volta, in una notte d’inizio Luglio. Ero sull’altopiano d’Asiago. Non avevo sonno. E passeggiavo tra i campi intorno all’albergo. La lettura di Jünger, in particolare di Cacce Sottili, intensa in quel periodo, mi aveva reso meno preso dai miei pensieri. Più portato a stare in silenzio e osservare. E vidi la danza delle lucciole. Ne restai incantato. Espressione banale, lo so… Ma quello spettacolo mi trattenne per quasi due ore. Sino alla mezzanotte. Il tempo canonico della danza delle lucciole.
Jünger, sempre lui, ci ha insegnato come osservare il microcosmo degli insetti ci possa condurre a vedere con più lucidità quello degli uomini. Perché ti educa ad una percezione spassionata. Spregiudicata. E ti insegna quanto la vita possa essere ad un tempo effimera ed intensa.
Gli amori delle lucciole durano una frazione della notte. Non per questo mancano di intensità. Anzi, sono così intensi, così intenso è il desiderio di vita che urge in loro da emettere luce.
Una luce che, come disse Schopenhauer, può ingannarci, al punto di farcele apparire come stelle. Un paradosso, ovviamente. Come quello di Pirandello che ne deriva. La teoria del lanternino del professor Anselmo Paleari. La conoscenza che l’uomo si illude d’avere della realtà, è una lucciola baluginante nella tenebra. E, a seconda delle epoche storiche, queste lucciole, questi lanternini, vedono prevalere una sorta di sfumatura di colore. Un colore che si cerca di imporre come la Verità assoluta. Il dogma. Quello religioso. Quello politico. Oggi quello tecnocratico, con fosche venature sanitarie. Ma è, appunto, solo il riverbero, ingannevole ed effimero, di lucciole.. Che si stagliano nel buio. Il buio che è da sempre la grande paura dell’uomo…
Però le lucciole non inducono solo a pensieri vagamente filosofici. Inevitabilmente astratti, non certo nella mente di Schopenhauer e di Pirandello, ma nelle nostre declinazioni, meri riflessi di quelle scintille…
Le lucciole evocano soprattutto poesia. E sogni. Il Sogno di Mezza Estate, la più magica tra le opere di Shakespeare. E al contempo quella con la maggior intensità erotica. Come ha intuito Woody Allen, che vi si è ispirato per la sua Commedia Sexy di Mezza Estate, forsennato intreccio con una chiusa fiabesca.
Le lucciole rappresentano la potenza dell’eros che genera la vita. E lotta contro la tenebra. Il caos informe, privo di luce.
Pasolini, nella sua anacronistica malinconia, comprese che la loro scomparsa era segno di un inaridirsi della vita. E del mondo degli uomini.
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