Meraviglia di un’eclissi di Luna, che non vede l’astro svanire nel trionfo delle tenebre, ma, al contrario, ingigantire, dilatarsi in un riverbero rosso ramato, quasi fossero i capelli di Diana, sciolti per una volta, e scomposti dal vento… E, a tratti, lampi verdi. Come smeraldi. O come il sottobosco in una notte di Luna. Meraviglia della bellezza perfetta, e tanto più perfetta perché irragiungibile. Intangibile.
Meraviglia. Dal latino “mirabilis” derivato da “mirari”. Ammirare. Un guardare che diviene assoluto, guardare con gli occhi. E col cuore. Sempre strettamente connessi.
“Voi che per gli occhi mi passaste il core…” dice Cavalcanti. Mia ossessione, certo, ma, questa volta, citato con precisione. Perché “Meraviglia” è parola che entra in uso in Italia a partire proprio dal XIII secolo. E viene dalla Provenza. La tradizione, dunque, della poesia d’amore. L’Ars de Trobar, lo Stil Novo. Dolce, come lo definisce Dante. Dolce per le emozioni che suscita. Dolce per il linguaggio, soprattutto.
Dolce non segnifica melenso. Debole. Svenevole. Anzi. Tanto è più dolce, tanto è più forte. Cavalcanti vedendo la Donna amata prova l’esperienza della morte. E della rinascita. Non vi è esperienza più possente. E sconvolgente.
La Meraviglia è indissolubilmente legata alla Bellezza. Di una cosa orrida, brutta, volgare non ci si meraviglia. Perché non può essere ammirata. Ci può stupire, certo. Ma Stupor è altra cosa. È un urto. Un colpo alla bocca dello stomaco. Ti lascia senza fiato. E ti fa star male.
La Meraviglia può avere una fenomenologia consimile. Ma il portato è radicalmente diverso. Perché una cosa meravigliosa ti esalta. Ti porta in più spirabil aere. Ti eleva e esalta.
La Meraviglia interviene soltanto di fronte alla Bellezza. Quella assoluta. Indiscutibile. La bellezza non è ciò che piace, come recita un detto popolare. La Bellezza è una pura emozione estetica. E quindi spirituale. È perfezione delle forme, certo. Ma anche, forse sopratutto, la capacità di cogliere la luce da cui quelle forme, quegli equilibri vengono generati.
E l’ammirazione per la Bellezza è inscindibile dalla Donna. Certo, è vero che non è forse sempre stato così. Che per i greci, da cui deriva il nostro canone estetico, l’ideale di bellezza si poneva in altri termini. Anche se la lettura di Winkelmann è fuorviante. In questo come su molti altri temi.
Ma la Meraviglia viene, come dicevo, dal nostro Medioevo. E dalla poesia d’amore. Che scaturisce dall’incontro con la Donna. Che suscita meraviglia perché bella. E quindi conduce, attraverso una possente emozione estetica,sino al Paradiso.
Guardate la Venere del Botticelli. Può davvero provocare quella che è stata chiamata la Sindrome di Stendhal. Gli occhi che si perdono nell’infinito. I capelli, sciolti, che fondono, nei loro riflessi, aurore e tramonti. L’inizio e la fine. La pelle che è luce. Il sorriso incantato. La perfezione delle forme, il loro magico e unico equilibrio. Dicono fosse una donna reale. Simonetta Cattaneo. L’artista dovette provare innanzi a lei la Meraviglia. E ne venne uno dei capolavori più Intensi e misteriosi della storia dell’arte.
La nostra è epoca volgare. In cui sparito è ogni senso estetico. Basti vedere coloro, molti purtroppo, che al ristorante mangiano con la mascherina, lorda e unta, sotto il mento. Uno spettacolo ripugnante. Uno dei tanti, purtroppo. Che ci mostrano il degrado, spirituale e materiale, del nostro tempo. Che è tempo di volgarità, di banalità, di pavidità. Di grigiume, e noia… Assolutamente non di Meraviglia.
Ma la capacità di meravigliarsi, e quindi di cogliere e ammirare la Bellezza, è, però ,una delle ultime vie per sfuggire all’incubo informe in cui siamo precipitati. E ciò che è informe è diabolico.
Perciò guardiamo la luna rossa nel cielo dell’eclissi. E vediamo, in essa, la bellezza della Venere. E quella, inafferrabile, di Diana. Proviamo meraviglia. E intorno a noi, tutto il resto dispare…