Paul Atkin è un uomo d’affari di successo. E un esperto di finanza, uno di quei corsari che, da secoli, crescono fra i docks della City londinese. In qualche misura discendenti di sir Francis Drake.
Però Paul Atkin è anche altro. Un appassionato musicofilo, con una predilezione assoluta, ed una vasta competenza per la stagione del Barocco. Dai più dimenticata, ma in realtà autentica miniera di geni e capolavori. A partire da quello assoluto del Monteverdi ( lo so, direte, ma è rinascimentale… ma in musica Rinascimento e Barocco si fondono, indistinguibili…), per continuare con la dinastia degli Scarlatti, il talento Ineffabile di Vivaldi, e ancora Frescobaldi, Corelli… per restare in Italia… E la Scuola Francese con Lully, Couperin, Rameau… E Purcell in Inghilterra… E i tedeschi, poi, Telemann, Buxtheude, sino ad Händel. E a Bach.
Una delle più grandi, affascinanti, lunghe, stagioni della Musica. E, soprattutto, del teatro per musica. Di cui proprio il Monteverdi ha fissato canoni e regole…
Paul Atkin ama tutto questo. E in più è un sognatore. Anzi, un visionario. E i visionari non si limitano a sognare. Cercano di realizzare i sogni. Di farli incarnare in questo mondo.
Come Schliemann. Fin da bambino innamorato dell’Iliade, che aveva sentito recitare da un ubriaco, mentre era garzone dell’oste. Poi, divenuto ricco, si era ritirato dal commercio. E aveva investito tutte le sue risorse per ritrovare le rovine di Troia. Per dimostrare che Achille, Ettore, Andromaca, Briseide non erano solo fantasie di poeti. Sogni.
Ed era alla fine riuscito a farli incarnare quei sogni. A renderli reali. Tangibili. Perché i visionari sono così… passano per matti, ma, alla fine, riescono a cambiare la realtà..
Atkin mi ricorda un po’ Schliemann. Ha scoperto che, a Venezia, sorgeva il più antico teatro d’opera pubblico. Non riservato ai nobili, ma aperto a chiunque amasse il melodramma. E fosse disposto a pagare l’ingresso… Si chiamava San Cassiano, ed era sorto nello scorcio del ‘500 per volontà della famiglia Tron. Nobili, appassionati di musica, ma anche uomini d’ affari. Si ergeva dalle parti di Rialto. Il passato è d’obbligo, perché fu fatto chiudere prima, demolire poi dal governo napoleonico. Uno dei tanti oltraggi portati dal Corso alla Serenissima…
Per due secoli San Cassiano aveva messo in scena la meraviglia del teatro Barocco. Musica, certo, ma anche scenografia fantastica, danza. Poesia. Uno scrigno di sogni, fantasie, magie di cui, poi, si è quasi perduta la memoria.
Ma Atkin questa memoria vorrebbe ridestarla. E pertanto si è gettato, anima e corpo, nel progetto della ricostruzione di San Cassiano. Ha costituito una società, chiamato i progettisti e gli architetti che hanno ricostruito a Londra il leggendario Globe. Il teatro di Shakespeare.
L’impresa non si presenta facile. Vuoi perché non esistono i progetti del vecchio San Cassiano, e ci si deve basare su una ricerca d’archivio. Ricerca sulle fonti, gli autori, gli epistolari che descrivono il teatro com’era un tempo. E vuoi, naturalmente, per la burocrazia italiana. Ottusa e mastodontica. L’inefficienza e l’inettitudine pubblica odia e ostacola sempre l’iniziativa e il genio privato…
Ma Atkin è convinto di farcela. E che l’impresa sarà, alla fine, anche economicamente renumerativa. Perché lui è sì un sognatore. Ma è un sognatore inglese. E quindi con uno spiccato senso degli affari. Ed è un vero corsaro…
Ammirevole. Davvero resto ammirato. In questa Italia paralizzata dalla paura, dimentica della sua storia, tutta presa da mascherine e termometri… In questa italietta della decrescita, dell’incultura dominante, della volgarità dell’uno vale uno…. Arriva un barbaro non privo d’ingegno… Un pirata. E riscopre un tesoro perduto e dimenticato. Sembra una favola bella…