Piove. Non è più la pioggia dell’estate. Quella tiepida, che ti coglie improvvisa, un temporale, i lampi e i tuoni, la collera di Zeus. O di Donar in lotta coi giganti della tempesta. Non è la pioggia nel Pineto di dannunziana memoria. Semmai ricorda quella del Montale di Satura. Piove sulla cartella esattoriale e sullo sciopero generale… Cito frammenti disordinati . A memoria…
Perché questa è la prima pioggia autunnale. E cade sulla città, sino a ieri soffocata da un morbido, e caldo, cuscino d’afa. Cade sull’asfalto e non ha più, ormai, odori estivi. Non senti l’acre del catrame rovente. Il vento è cambiato, e non porta la rossa sabbia dei lontani deserti libici.
Il tramonto è fresco. Siamo nei giorni dell’equinozio, e il Gran Cerchio D’ombra, per dirla con le “Petrose” dantesche, sta cominciando a dilatarsi.
Piove sulla città. Sulle auto che rientrano dal giorno di lavoro. Sulle mascherine, molte, abbandonate sull’asfalto da incivili cittadini modello, quelli che temono il Covid, rispettano gli ordini del Conte Zio, anzi vanno oltre, girano bardati, impauriti… E sporcano. Inquinano. La buona educazione è cosa fuori moda. Sostituita da novello (non) galateo della paura. Della Casa probabilmente si agita nella tomba. E inorridisce. Tanto, prima o poi, rispunterà Greta o un suo clone, con nuovi allarmi ambientali programmati a tavolino. Dai grandi saccheggiatori della finanza mondiale.
Piove. Ed è una giornata grigia. I vividi colori autunnali giungono sfocati. Come riflessi in una luminescenza lattiginosa. Come quella di una medusa morta portata dalla risacca. Ancora D’Annunzio. Inevitabile. Nessuno, forse, ha come lui saputo portare all’estremo la percezione sensoria. Di tutti i sensi. La vista, certo. E l’udito. Ma anche gli odori, i sapori. Il tatto.
E l’autunno è proprio questo. Percezione sensoriale. Non trionfante e esuberante come quella estiva. Più interiorizzata. Più malinconica. La malinconia è l’humor filosofico. Il trasformare le sensazioni in pensiero.
Piove su una città che si rintana in se stessa. Ad ascoltare i bollettini della peste che non esiste, non più. Sempre che sia esistita.
A guardare i volti soddisfatti di chi ancora una volta ha ingannato coloro che sono felici di farsi ingannare…
Io guardo la pioggia. Sta pulendo l’aria. Almeno quella, domani, sarà pulita…e diversa.