Apriranno le scuole? E come? A macchia di leopardo? con chiusure periodiche ogni qual volta i solerti tutori della pubblica salute scoveranno un positivo asintomatico? Già il vate Crisanti profetizza che per ogni allievo positivo si dovranno fare 150.000 tamponi… Big Pharma stappa lo champagne….
Comunque, diamo ormai per assodato che, buona volontà di docenti e discenti a parte, la scuola ormai non c’è più. E non interessa quasi a nessuno. Al massimo, per le famiglie, è un problema di parcheggio mattutino dei pargoli… Per il resto il problema è il distanziamento, la mascherina, la salute, la salute, la salute…..
E del “sapere”? Delle conoscenze, della formazione culturale, della preparazione intellettuale? Niente. Si parla dei banchi con le rotelle, non del teorema di Pitagora.
È pur vero che Socrate diceva che l’unica cosa che sapeva era di nulla sapere. Ma questa “docta ignorantia” era il portato di una vita di studio. E del pensare su ciò che aveva studiato. E per studiare non intendo leggere. Secondo la tradizione, Socrate era analfabeta… come, per altro, Maometto… ma qui il discorso si complichesebbe troppo.
Studiare è, soprattutto, ascoltare l’insegnamento dei maestri… dal vivo, ché la DAD è fasulla. Con buona pace dei suoi zelanti sostenitori. Si apprende da quello che un maestro dice, certo, ma anche, e forse sopratutto, da come lo dice. Dal tono della voce. Dai gesti. Dall’espressione del volto.
È vero che quella dei maestri autentici sembra essere specie in via d’estinzione. Un po’ più rara del panda… Tuttavia resta il fatto che il sapere è qualcosa che si trasmette, come dicevano un tempo, bocca/orecchio. Mica microfono /microfono…
E senza questo non vi è sapere. E senza il sapere non si comprende perché, in fondo, noi non si sappia nulla. Perché più conoscenze acquisisci, più prendi coscienza dei tuoi limiti. E dubiti delle tue sicurezze. Il dubbio, diceva Cartesio, è il fondamento del Cogito. E il Cogito dell’essere.
Per questo è bene studiare materie “inutili”. Come il greco, il latino, la filosofia. La poesia. Perché fondano la capacità di pensare. E ti costringono a dubitare. Solo l’ignorante non ha dubbi. È arrogante.
È magari irride il sapere altrui. Di chi, ad esempio, ha non solo letto, ma tradotto e commentato Omero. Mentre lui si occupava, al massimo, di dentiere… O decide la politica estera di un paese senza avere la più pallida idea della geografia al di là dei confini di Avellino… E decide senza ascoltare nessuno. Perché è convinto di sapere. È tronfio e orgoglioso di sé.
Certo, ci sono stati dei grandi autodidatti. Leopardi , Foscolo, per fare solo due nomi. Ma avevano avuto comunque dei maestri. Non andavano a scuola, ma comunicavano con alcuni dei migliori ingegni della generazione precedente. Giordani, Cesarotti… E non erano certo orgogliosi e tracotanti. Sapere e non sapere per loro era fatica. E tormento.
Oggi, però, questo non interessa più a nessuno. Nella felice utopia dell’Uno vale Uno, il sapere, la conoscenza è inutile. Anzi, un ostacolo a brillanti, future, carriere. Meglio, molto meglio partecipare ad un insulso reality…