“Tu sei un po’ fissato con ‘sti spartani…” mi dice un’amica. E un po’ di ragione ce l’ha. Anzi, molta. È una fissa, per dire così, di vecchia data. Risale a quando, bambino, lessi su “Conoscere” – i diversamente giovani se lo ricorderanno – di Leonida, delle Termopili, dei 300…c’erano delle immagini di battaglia meravigliose. E mi fecero sognare.
Poi, anni dopo, ragazzo, mi capitò fra le mani uno strano libretto. Un quaderno lungo e stretto. Poco più che un ciclostile. “L’ordine di Sparta”, I Quaderni del Veltro. Una raccolta di poeti greci che, se anche spartani non erano, esprimevano un certo ethos. Un certo stile guerriero. Era opera di Claudio Mutti. E credo di averlo conservato nei recessi della mia biblioteca.
Insomma, gli Spartani mi piacciono. Mi piace la loro storia. La loro disciplina. Lo stile. E non sono il solo, vero Steno?
Certo, mi dirà, qualcuno. Atene ci ha lasciato opere d’arte meravigliose. L’Acropoli. L’Eretteo con la leggiadria delle Cariatidi. Il Partenone, e l’ineguagliabile potenza del frontone fidiaco. E poi i grandi tragici, Eschilo, Sofocle, Euripide. E il genio sarcastico di Aristofane. E poi Socrate, Platone, Aristotele…
Sparta che ci ha lasciato?
Al confronto niente. Gli spartani non erano uomini che amassero il lusso. Nessuna grande architettura. I templi stessi erano volutamente poveri. Gli Dei venivano onorati senza bisogno di splendide immagini. Bastava un albero. Un oggetto come simulacro. Come nelle età più arcaiche. E non erano uomini da lunghe discussioni filosofiche. Si esercitavano tutto il giorno nelle armi. La sera non sedevano a banchetto. Ingollavano il loro brodo nero. E crollavano sul pagliericcio… Quanto alla poesia, praticavano solo la lirica corale. Perché le altre forme richiedono un individualismo che a Sparta era completamente assente.
“Già – chiosa la mia amica – ma gli spartani erano crudeli. Uccidevano i bambini gracili. ..”
Vero. Anche se troppo enfatizzato da una certa vulgata. E per altro non erano i soli. Chi aveva poche possibilità di sopravvivere, chi avrebbe condotto vita grama e indebolito la città, veniva soppresso. Eugenetica? Più che altro selezione naturale. Necessaria per la durezza della vita che dovevano condurre.
Ma così uno Stephen Hawking, un Leopardi non sarebbero mai potuti vivere a Sparta… Vero anche questo, in via ipotetica. Però che strano… Chissà perché nessuno si chiede mai quanti geni, poeti, scienziati, musicisti… vengono perduti per i milioni di aborti che si praticano oggi nel mondo… Lo dico senza vis polemica. Ma ci dovremmo pensare, prima di giudicare gli spartani…
Con spirito polemico, invece, vorrei fare qualche altra osservazione. Per la mia curiosa amica. E per chi avrà voglia di leggere fino in fondo.
A Sparta si onoravano i vecchi. Ma erano vecchi tosti. Che avevano dato a lungo prova di se stessi nelle falangi oplitiche. E che insegnavano con l’esempio ai giovani la disciplina e il coraggio. Non avevano paura di morire. Non trascinavano inutili esistenze per andare a guardare i cantieri un mese o un anno di più.
E i giovani imparavano frequentando il campo di battaglia e la palestra. Non i pub e le discoteche.
L’educazione forgiava uomini duri. Ma amanti della libertà. Leonida avrebbe potuto inchinarsi di fronte a Serse. E ne avrebbe tratto anche vantaggio. E Serse era il Re dei Re.
Oggi ci si inchina, anzi ci si prostra davanti a dei tirannelli da strapazzo. A delle nullità. E si è pronti a rinunciare a qualsiasi libertà. A subire qualsiasi sopruso. Anche il più assurdo.
Le leggi spartane, le leggi del mitico Licurgo – la cui figura, appoggiata alla lancia, ricorda quella dell’Odino/Wotan nordico – erano dure, certo. Ma mai assurde. Mai arbitrarie..
I vecchi erano solenni, esempi di etica, custodi della memoria. Non squallide parodie dei giovani, terrorizzati dalla sola idea della morte. Vi era il senso della comunità. Forte. Fortissimo. E del futuro della città. La vita era comunitaria. La schiettezza, la lealtà venivano incoraggiate. I vili, i delatori, quelli che pensavano solo a se stessi disprezzati e scacciati.
Nessun spartano avrebbe accettato di portare la maschera della paura e della schiavitù per tutelare la sua “preziosa” esistenza personale. Nessuno avrebbe sacrificato al proprio egoismo il futuro delle generazioni a venire.
Non ci hanno lasciato grandi opere, gli Spartani. Non grande poesia. Ma quando fu necessario sacrificarsi per la libertà, nella gola delle Termopili, c’erano loro…
Sarà una visione un po’ infantile. O romantica, non lo nego. Però se mi guardo intorno…e vedo quelli che fanno a gara per scaricare App che serviranno a controllare le loro vite… i molti che anelano a diventare ogni giorno di più servi senza diritti, né personalità.. Penso a Leonida, alla frase con cui rispose al messo persiano che gli chiedeva di consegnare le armi.
“Molòn labë!”
Vieni a prenderle.