21 Agosto del 480 a. C.. Fine della battaglia delle Termopili. Leonida, dopo giorni di disperata resistenza, soccombe con i suoi trecento spartiati della guardia. Ha resistito per ben quattro giorni alla pressione dell’esercito di Serse, il Re dei Re. Oltre un milione di uomini, secondo gli storici greci antichi. Duecentomila, secondo quelli di oggi. Ma sono questioni di lana caprina…
Ciò che conta è il mito delle Termopili. Un pugno di uomini che si sacrificano per difendere una porta. L’accesso alla loro terra. Il limes. Contro un’orda immane, che potrebbe travolgerla. Annientarla…
Le Termopili sono un evento storico, certo. Ben più complesso di come lo si narra. Gli Spartani non erano soli. Vi erano anche alcune centinaia di alleati. E Serse non era un barbaro distruttore. Anzi. Portava una civiltà superiore. E chiedeva solo l’offerta rituale del pane e del sale. Poi le città greche avrebbero continuato ad auto governarsi. Con in più il beneficio della protezione, e del mercato comune, del grande impero Achemenide. Ma Sparta e Atene (non tutte le città greche) rifiutarono. E Leonida andò a rallentare l’avanzata persiana, per permettere a Temistocle di organizzare la flotta ateniese. E a Sparta di preparare la grande coalizione che trionferà a Platea.
Quello che conta è, però, l’archetipo. Da cui discendono, più o meno direttamente, molte altre narrazioni, su cui si fondano identità e storie nazionali.
Viene in mente Alamo. Le Termopili del Texas… Le Termopili americane. David Crockett, Jim Bowie, l’uomo dal coltello di Luna. Il Colonnello Tracy. I tre cavalieri di Alamo. Che udirono per giorni le armate di Santa Ana suonare l’ossessivo Deguejo. La musica per il massacro. Memoria suggestiva dell’epico film con l’indimenticabile John Wayne. E non conta che i messicani avessero le loro buone, anzi ottime ragioni. E che i gringos statunitensi stessero usurpando una terra non loro. Conta la narrazione. Il mito.
Molte sono le Termopili. La Spagna ricorda la disperata resistenza dei Tercios a Rocroi. All’araldo del Principe di Condè, che offriva la resa con l’onore delle armi, il comandante Spagnolo rispose :” Ringrazio Sua Altezza. Ma non possiamo. Siamo la fanteria spagnola.”
E la Francia ha anch’essa le sue Termopili. E più d’una. L’ultima, forse, Dien Bien Phu. La Valle Silenziosa. Il capolavoro strategico di Giap. E l’èpos dei parà francesi. E della Legione.
Gli inglesi hanno narrato la gloria di Balaklava. In realtà fulgido esempio di stupidità militare. Ma ci pensò Tennyson a cantare il valore dei “nobili 600″…
Potrei continuare… Ma quello che davvero conta è che le Termopili sono un mito fondante della cultura europea. E, per inevitabile traslato, di tutto ciò che, più o meno impropriamente, chiamiamo Occidente.
Ora, l’ovvia domanda è dove siano oggi le Termopili. O da cosa siano rappresentate. Se ci sia ancora una Porta, un Limes da difendere. A tutti i costi.
Gli americani hanno dato una risposta, tutto sommato abbastanza scontata. Le Termopili sono la difesa del nostro modello sociale, politico, culturale contro un mondo… alieno. L’Asia, l’Africa… Le nuove Termopili sono le Twin Towers di New York. E la data d’inizio della battaglia è l’11 settembre…
Guardatevi “I 300” di Zack Snyder , ma usciti dai disegni di quel genio di Frank Miller, e capirete…
Ma questa, come dicevo, è la narrazione statunitense. Difficilmente esportabile. O traducibile da noi. Sinceramente non riesco a vedere le nostre Termopili in una chiusura dei porti, in un (confuso) sovranismo. O, peggio mi sento, nel vagheggiare impossibili blocchi dell’intero Mediterraneo… Tecnicamente impossibili, chiedete a qualsiasi vero marinaio…
Le nostre Termopili sono altrove. Non in questa dimensione. E per comprenderlo dobbiamo… ricordare.
Ricordare che Leonida e i Trecento sono un esempio di coraggio. “Le nostre frecce oscureranno il sole” dice il Persiano.
“Meglio, combatteremo all’ombra!” risponde lo Spartano.
E poi Termopili si può tradurre come Porte di Fuoco.
La prova del Fuoco, quindi. Quella che tempra gli uomini. Che li rende degni di tale nome. E che li spinge a superare la paura , e ad abbandonare ogni comodità per restare liberi.
È una prova interiore. Le Termopili, oggi, sono dentro, non fuori di noi…
Ultima notazione. Leonida e i suoi non indossavano alcuna mascherina..