È passato più di un secolo da quando Zorro, il leggendario caballero e spadaccino, ha fatto la sua comparsa. In un romanzetto, di Johnston McCulley: “La maledizione di Capistrano”. L’autore era un ex reporter di cronaca nera e poi di guerra, divenuto poi autore seriale di racconti pulp. Quel genere di serie C che tanta influenza ha esercitato sui film di Quentin Tarantino…
Ma McCulley non lo conosce nè ricorda nessuno. Mentre Zorro, alias Diego della Vega resta un mito popolare diffuso. Sopratutto per le, innumerevoli, versioni cinematografiche. Da quelle con il leggendario Douglas Fairbanks, a quella con Tyrone Power. Sino a giungere alla declinazione moderna, e abbastanza snaturata, con Antonio Banderas. Per la mia generazione, però, Zorro è legato indissolubilmente alla serie televisiva degli anni ’60, con il suo cavallo nero, e il fantastico servo Bernardo, muto, ma non sordo…
Zorro è il primo eroe mascherato. Archetipo dal quale derivano, poi, Phantom (l’ Uomo mascherato nella versione italiana) e Batman, non a caso chiamato il Cavaliere Oscuro nella, geniale e gotica, reinterpretazione di Frank Miller. E di lì tutta la, complessa, famiglia di eroi e supereroi mascherati. Soprattutto quelli partoriti dalla Marvel di Stan Lee. Su tutti Devil. Altro moderno cavaliere tenebroso. Altro sul quale, non a caso, ha lavorato la matita di Miller.
Devil è detto Dare. Il Diavolo senza paura. Ed è questa, in fondo, la caratteristica degli eroi mascherati. Non sanno cosa sia la paura. E, all’opposto, la incutono nei loro avversari. Simbolico il tremante e adiposo sergente Garcia, di fronte alla fulminea spada di Zorro.
La maschera non serve a proteggerli. Evoca il mistero. Una forza che viene da un altrove tenebroso. Cui l’eroe ha il coraggio di attingere. È la maschera dello sciamano che evoca e incarna gli Spiriti. Ha qualcosa di demoniaco. Perché rivela una potenza che va ben al di là della personalità contingente di chi la porta….
Eccolo là, dirà qualcuno. Adesso attacca la solita solfa sulle mascherine anti Covid. Ma è proprio una fissa…
Sì, lo è. Lo ammetto. Perché, vedete, queste odierne mascherine non sono solo un fastidio, uno spettacolo anti-estetico. Una noia. Sono un simbolo. E io di simboli mi occupo. Perché sono molto, ma molto più potenti delle cosiddette cose reali… e qui per una volta vi risparmio la solita tirata su Schopenhauer, Pirandello & soci…
I simboli plasmano la realtà. Ne determinano il corso. E così lo a direzione delle nostre vite. E della nostra società. Il nostro destino, insomma. Individuale e comune.
Le maschere degli eroi dei fumetti sono belle. Inquietanti, ma belle. E coprono il volto. Ma non occhi e bocca. Manifestano mistero. E l’eroe agisce con lo sguardo e con la parola.
Le mascherine della paura, oltre ad essere brutte, volgari squallide, chiudono la bocca. Impediscono di parlare. E di pensare. Sono mordacchie della mente. Imposte. Non indossate per scelta, come fa don Diego della Vega…
Oggi sono entrato in un bar. Il proprietario non portava la mascherina. Neppure io. Entra una signora tutta elegante. Con mascherina, elegante anche questa. Ordina il caffè. Poi, al barista
“Ma lei niente mascherina? Non ha paura del Covid?”
Lui la guarda gelido.
“No!” secco
Lei se ne va indignata scodinzolando come una gallina. Io e il barista scoppiamo a ridere.
Queste maschere sono solo tristemente ridicole.
Quella di Zorro era tutt’altra cosa.
Ma questa è la stagione dei sergenti Garcia… Lui, però, era almeno simpatico…