Dicono che la prima, vera, guerra risalga ad oltre cinquemila anni fa. In Europa, per lo meno. Lo dicono gli archeologi, sulla base di reperti ossei, crani spaccati da asce e mazze, ossa che evidenziano ferite di frecce… decine, anzi, centinaia di scheletri. Non scontri tribali o vendette occasionali. Vere e proprie guerre. Combattute da numerosi guerrieri, probabilmente organizzati in schiere. In eserciti contrapposti.
Diamola per buona, senza discutere o cercare di spaccare il (classico) capello in quattro.
In fondo non è necessario cercare tante prove materiali. Pressocché tutte le leggende, tutti i miti presentano al centro il tema della guerra.
Presso alcuni popoli è addirittura il tema dominante. E incombente. La mitologia germanica e quella, affine, dei popoli norreni, è sostanziata dalla guerra. Guerra tra Asi e Vani… tra Dei e Giganti. Tra uomini e popoli. Ed attesa della Grande Guerra finale. Il Ragnarok. La battaglia che prelude alla fine del Ciclo Cosmico. E alla sua rinascita.
E però non vi sono mitologie “pacifiche”.
La stessa Bibbia ebraica è colma di guerre, massacri, scontri all’ultimo sangue. E così il più grande poema indiano, il Mahabharata. Che racconta la Grande Guerra dei Bharata e le imprese belliche dell’eroe Arjuna. L’Achille indiano. Senza dimenticare che all’origine della nostra civiltà c’è l’Iliade…
Se, poi, volgiamo uno sguardo d’insieme alla storia, o meglio alle storie, ci rendiamo conto come i periodi di pace siano ben pochi. Episodici, locali… soprattutto brevi. Il resto, l’insieme complessivo di tante storie, è una sola, continua, infinita guerra.
Per questo non ho mai considerato il, cosiddetto, “pacifismo” una cosa seria. Nella migliore delle ipotesi mi sembra una utopia irrealizzabile, per sognatori privi del minimo senso della realtà. Nella peggiore… una colossale ipocrisia.
E, spesso, proprio un pacifismo ideologico, e astratto, è stato tra le cause che hanno innescato conflitti particolarmente sanguinosi.
Il problema non è conseguire una “pace” assoluta e astratta. Ma trovare un equilibrio. Ernst Jünger lo ha spiegato, con una lucidità unica, nel suo saggio sul tema. Scritto subito dopo il secondo conflitto mondiale.
Anzi, mirare ad una “pace” assoluta è non solo utopia, ma anche un’utopia pericolosa. Perché, per cercare di conseguirla, si tende ad annullare tutte le differenze. A negare le diversità tra individui e tra popoli. Ad annichilire le culture.
Questa idea di Pace rischia di diventare il Moloch sul cui altare sacrificare ogni libertà. In nome del quale negare, anzi contraddire la natura umana stessa.
E diventa strumento del più aberrante dispotismo.
Sarebbe pace… ma la pace di un immenso cimitero.
Dovremmo avere il coraggio morale di assumerci la responsabilità del nostro retaggio. E della nostra storia.
E questa è una storia di guerre, conflitti, intervallati da tregue. Mai seguiti da una pace assoluta.
L’illusione della pace in cui ci siamo cullati nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale, era, appunto, solo questo. Illusione. E, per altro, limitata al nostro, piccolo e micragnoso, continente. Nel resto del mondo si continuava a combattere. E a morire.
Può non piacerci. E, sicuramente, non ci piace. Ma noi uomini abbiamo la guerra nella nostra natura. Da sempre. È terribile, a pensarci. Tuttavia non ha impedito la creazione di grandi civiltà, arte, scienza. Poesia. Anzi, la guerra ha contribuito a tutto questo. E non poco.
La questione è, appunto, trovare degli equilibri. Delle regole. Per far dì che la lotta divenga contesa, come ha scritto Julien Freund.
È sempre stato così. Ma, oggi, tendiamo a dimenticarlo. Ed è per questo che le guerre divengono sempre più devastanti e crudeli.