Il 20% di chi ha più di 65 anni non ha alcun contatto con altre persone nel corso di una settimana “normale”. Il 70% è completamente estraneo a iniziative o incontri collettivi. Sono alcune delle meravigliose conseguenze degli arresti domiciliari di massa, quelli imposti dalla banda Speranza che, evidentemente, ignorava gli effetti devastanti della solitudine sulla salute, non solo mentale, degli anziani. Due anni di misure cialtronesche, di terrorismo mediatico, di persecuzione da parte di frustrati in divisa. Ed ora ci si accorge del disastro, della devastazione.
In realtà se ne accorge solo qualcuno. Come l’Aira, Anziani Italia Rete Associativa, che ricorda come l’Italia sia al secondo posto nel mondo (dietro il Giappone) come longevità, con oltre 14 milioni di ultrà sessantacinquenni. Persone che hanno spesso malattie croniche senza dimenticare i problemi psicologici legati proprio alla solitudine che porta alla vulnerabilità, all’ansia, alla depressione ed al declino fisico. “State in casa”, ordinava la psico polizia al servizio di Speranza. Che era un invito al suicidio o alla morte rapida per disperazione.
Ad una certa età le abitudini si incancreniscono, e se sopravvive il terrore creato dai media non si riesce più a superare il timore di varcare la porta di casa. Si ha paura di incontrare gli amici, di abbracciarsi, di giocare a carte. E poi, dove? Finiti i partiti politici come luogo di aggregazione, ormai trasformati in centri di spartizione di seggiole e poltrone riservate a giovani carrieristi; finita la capacità di attrazione delle parrocchie e degli oratori, dove ci si dedica all’onanismo intellettuale su problemi di sociologia; ridotta l’attività dei circoli ricreativi, dei dopolavoro; spariti i bar rionali dove ci si incontrava tra vecchi amici per interminabili partite a carte o per accese discussioni sul nulla: ormai nei bar si fa tutt’altro e dopo la consumazione si è invitati ad uscire.
L’Italia, che non è un Paese per i giovani, costretti ad emigrare per l’incapacità di offrire lavori adeguati agli studi ed altrettanto adeguatamente retribuiti, non è neppure un Paese per anziani. Resistono quelli nelle posizioni apicali del mondo del lavoro, della politica, della cultura. Anche perché le alternative offerte dalla fascia di età successiva sono modeste. A sostituire i settantenni e gli ultra sessantenni non saranno coloro che hanno 10 anni di meno, ma coloro che hanno tra i 30 ed i 40 anni. Quelli che hanno già cominciato ad avere successo nei rispettivi campi di attività. Pronti a subentrare ai vecchi dinosauri che se ne andranno, scavalcando chi non è stato in grado di soppiantarli nei tempi giusti.