Oltre 170 mila passaggi alla Fiera di Sant’Orso ad Aosta nei due giorni canonici del 30 e 31 gennaio. E andrebbero aggiunte anche le presenze del fine settimana, per una sorta di prefiera un po’ clandestina. Dunque un risultato più che soddisfacente per un appuntamento millenario (teoricamente è la Foire numero 1.023) ripartito alla grande dopo la carcerazione per Covid.
E ripartito a suon di musica. Nessuna scemenza in stile San Scemo o Festa dell’Unità trasferita a Sanremo. No, qui la musica è quella delle montagne. Scelta sacrosanta che accompagna i visitatori lungo le vie dell’esposizione dei quasi mille artigiani presenti. Perché chi arriva ad Aosta – nonostante l’immancabile pessima gestione del collegamento ferroviario – è ben consapevole di ritrovarsi in un ambiente alpino. Con un artigianato tipico, legato alle tradizioni della montagna. Magari per scoprire anche delle innovazioni nelle lavorazioni del legno, che partono pur sempre dalle radici culturali e popolari.
Se si vogliono oggetti in plastica per arredare ville al mare, non è la Foire il luogo giusto. Ed allora è giusto che la passeggiata lungo le strade delle esposizioni sia accompagnata da altoparlanti che diffondo brani di corali alpine o di cantautori valdostani e non solo. Mentre, dal vivo, si esibiscono gruppi tradizionali.
Per ascoltare i singulti di Achille Lauro basta il palco esterno di Sanremo. E basta la Festa dell’Unità della Riviera per deliziarsi con esibizioni politicamente corrette e musicalmente inesistenti. Alla Fiera di Sant’Orso, perlomeno, non era in programma l’immancabile show di Zelensky.