Vent’anni fa Alessandro De Giorgi, in un suo libro sostenuto dalla psichiatria basagliana, stigmatizzava l’intervento della polizia brasiliana per “comportamenti che, pur non comportando alcun eventuale reato, risultino però molesti, fastidiosi, offrendo al cittadino un’immagine degradata della città: i graffiti nelle metropolitane, la richiesta aggressiva di elemosina, l’insistenza di chi lava i vetri ai semafori, la prostituzione di strada, l’ubriachezza in luoghi pubblici, la presenza di homeless per le strade e così via”.
Non mi interessa la condotta della polizia brasiliana, ma sono incuriosito da questa mentalità, per altro diffusa anche nel nostro Paese, che prova attrazione e difende ogni tipo di degrado e di incuria. È un costume depravato che appartiene interamente alla sinistra antagonista, libertaria, sostenuto anche dalla sinistra chic che però sta bene attenta a non trovare certi personaggi sotto casa, o davanti alle ville di campagna, o nei luoghi riservati di villeggiatura.
Fautori dell’esibizione viziosa e negatori del buon gusto e del decoro, sognano un letamaio a cielo aperto, una esposizione di qualsiasi abnormità e stramberia, una diffusione delle peggiori pulsioni indecenti, accusando il mondo antiquato e retrivo di voler coartare le libertà individuali e i diritti di espressione.
Pensano, i subumani, che strafarsi di alcol e di droga, puttaneggiare sui marciapiedi, imbrattare i luoghi pubblici, rompere le palle con la questua insistente, occupare stazioni, atri di condomini o sottoportici, siano espressioni anticonvenzionali, anticonformiste, sicuramente condotte rilevanti contro il sistema borghese.
Quindi, i subumani di cui sopra, non riescono a capire che dietro ai mendicanti e ai lavavetri ci sono veri e propri racket di controllo, che dietro alle mignotte ci sono organizzazioni di magnaccia, che dietro ai devastatori delle facciate c’è un disturbo del comportamento, che dietro ad un alcolista o a un drogato c’è un disagio psicologico, che dietro ad un senzatetto c’è un fallimento personale o familiare.
No, loro non capiscono, non riesco a vedere nulla oltre all’apparenza insubordinata.
Ma la sinistra chic lo capisce benissimo, ma glissa. Difende gli apologeti del degrado sociale purché sia confinato nelle periferie, non abbia accesso alle spiagge private, non possa accostarsi ai suoi luoghi di ristoro e di divertimento.
La sinistra chic, razzista e classista, è sempre vischiosamente accogliente, purché gli accolti vengano ricevuti da altri, e con la doverosa e amorevole ospitalità, perché lei ha quella profonda e sublime empatia per sopportare con stoica abnegazione il dolore altrui.
Mai metterla alla prova, però. Nelle rare occasioni fortuite ha dimostrato una solida e impenetrabile considerazione di appartenenza, senza mancare di un viscido rifiuto e di un equivoco pregiudizio, associato ad una intolleranza di classe.
Proletari di tutto il mondo unitevi, ma fuori dai nostri circuiti, affinché le vostre miserie e i vostri umori non intacchino il nostro gusto e il nostro olfatto.