Ciccia ciccia ciccia. All’Asilo Mariuccia della politica torinese va in scena la reazione del sindaco scadente, Chiara Appendino, dopo che l’incapacità di Giuseppe Conte aveva portato il Pd a sbeffeggiare la povera Appendino concedendole, eventualmente, il diritto di appoggiare al ballottaggio il candidato piddino. E allora lei, sindaco inadeguato, ha dichiarato che non appoggerà il Pd neppure al ballottaggio. Così impara.

Non è che cambi molto. Il peso politico di Appendino è ormai pari a zero anche all’interno del Movimento 5(mila) poltrone. E il suo rifiuto di sostegno al ballottaggio sposterà 3 o 4 voti dei famigliari. Però anche i pentapoltronati che non seguono il sindaco non paiono particolarmente entusiasti all’idea di impegnarsi per far votare il candidato piddino che per 5 anni li ha insultati in ogni modo. L’antipatia non è proprio la qualità migliore per coinvolgere i nemici e trasformarli in compagni di viaggio.
Di sicuro l’Appendino arrabbiata piace al candidato mascherato del centrodestra, Paolo Damilano. Che vede aprirsi uno spiraglio di vittoria anche nel caso di un ballottaggio con Stefano Lo Russo, probabile rappresentante del centrosinistra. Il problema è che gli elettori dei pentapoltronati non hanno più nessuna fiducia nei propri eletti e, dunque, non è per nulla sicuro che seguano le indicazioni dei vertici.

Ma vale anche per Damilano. La sua scelta di non incontrare la base dei vari partiti che lo sostengono può portare ad una diserzione delle urne tale da avvantaggiare il candidato del Pd.