E’ durato meno di una settimana il braccio di ferro tra il presidente argentino Alberto Fernández e la sua vice Cristina Kirchner, donna forte del governo e già alla guida del Paese per due mandati consecutivi.
La débâcle elettorale uscita dalle primarie di metà settembre aveva bisogno di agnelli da sacrificare dinnanzi alla rabbia dell’ala più intransigente del Frente de Todos (FT) capeggiata dalla pasionaria peronista che davanti ai tentennamenti dell’inquilino della Casa Rosada ha provveduto a forzare la mano imponendo le dimissioni di tutti i suoi fedelissimi dall’esecutivo.
Posto di fronte all’aut-aut il sessantaduenne di Buenos Aires non ha avuto alternative procedendo ad un rimpasto che intendeva posticipare all’esito delle elezioni di metà mandato del prossimo 14 novembre.
A farne le spese sono stati Sabina Frederic, sostituita da Aníbal Fernández al ministero della Sicurezza, e Santiago Cafiero sostituito dal governatore della provincia di Tucuman Juan Manzur come Capo di Gabinetto. Riprendono il proprio posto, rispettivamente agli Interni e all’Economia, i dimissionari, e fedelissimi della Kirchner, Eduardo Pedro e Martin Guzmann mentre Juan Rosso sostituirà Juan Pablo Bondi alle Comunicazioni.
Una vittoria netta della Kirchner che non aveva lesinato critiche a Fernández accusandolo di una pessima gestione della crisi nell’ultimo anno e ascrivendo principalmente a questo motivo le cause della sconfitta elettorale.
Un cambio di passo deciso che forse non basterà alla coalizione peronista per recuperare l’enorme svantaggio in meno di due mesi ma che potrebbe assicurare una ripresa dei punti sociali del programma grazie ai quali aveva riconquistato maggioranza e presidenza a discapito dello sterile progressismo dei diritti civili e individuali posti come priorità nell’agenda dell’ultimo anno.