A partire dal 2009 le elezioni in Argentina sono precedute dalle primarie obbligatorie (PASO) in cui l’elettorato può decidere quali candidati supportare in vista del test elettorale ufficiale successivo di due mesi.
Il 14 novembre la popolazione albiceleste rinnoverà metà dei seggi della Camera (127 dei 254) e un terzo di quelli del Senato (24 su 72) in occasione dei primi due anni del mandato presidenziale di Alberto Fernández.
I dati non sono per nulla incoraggianti per l’esecutivo, ben il 40% dei votanti ha, infatti, deciso di partecipare alle primarie della coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio (Insieme per il Cambiamento) mentre la coalizione del Frente de Todos (Fronte di Tutti) si è fermata al 30%. Le notizie negative non finiscono qui: rispetto alle trionfanti elezioni presidenziali i peronisti hanno perso un milione e duecentomila consensi e risultano sconfitti in ben 18 province su 24 tra le quali quella della capitale Buenos Aires. Proprio il campanello d’allarme che giunge dalla roccaforte di Buenos Aires alimenta le quotazioni di una candidatura alla presidenza, nel 2023, dell’attuale sindaco Horacio Rodríguez Larreta considerando che oltre il 33% del corpo elettorale del Paese risiede proprio in quella provincia.
La partecipazione al voto è stata alta, pari al 67%, sinonimo di una precisa volontà di punire il governo in carica più che di disillusione verso la politica.
Difficile pensare, ad oggi, che il quadro possa cambiare radicalmente in soli sessanta giorni. Fernández paga la pessima gestione della pandemia con chiusure a singhiozzo per l’enorme numero di contagiati e lo scandalo che ha visto la pubblicazione delle foto della festa di compleanno clandestina, in pieno lockdown, della compagna Fabiola Yáñez.
La seconda metà del suo mandato potrebbe complicarsi ulteriormente con la perdita della maggioranza al Senato e l’ulteriore ridimensionamento della sua compagine alla Camera, una situazione che renderebbe la vita difficile costringendo i peronisti ad una quasi impossibile convivenza con la destra liberale.