L’anno scorso il governo argentino aveva tentato di abolire attraverso un decreto “Il giorno della memoria per la verità e la giustizia” istituito nel 2006 dal governo dell’allora presidente Nestor Kirchner
Il 24 marzo 2018, mentre a Buenos Aires si svolgeva l’annuale manifestazione di piazza, il presidente Macri che si trovava a Mendoza per un vertice della BID (Banca Interamericana per lo sviluppo) e ben lungi dal partecipare ad un atto ufficiale per l’anniversario del 42° anno del “golpe” di Stato, ha speso non più di venticinque secondi di discorso in ripudio dell’ultima dittatura militare.
Fin qui nulla di strano, sennonché per la prima volta ha parlato di “terrorismo di Stato“, invece che di “guerra sporca” (sucia) e di quel “nemico interno” instaurato per giustificare le atrocità di quegli anni.
Segnali di una redenzione folgorante da parte del presidente?
Difficile crederlo per usare un eufemismo: sono passati solo alcuni giorni dalla notizia che altri militari condannati per crimini contro l’umanità potrebbero essere presto rilasciati per continuare a scontare le loro pene agli arresti domiciliari.
Elenco tra i cui nominativi spicca quello di Alfredo Astiz, detto “l’angelo della morte“.
La verità è che il governo sta subendo forti pressioni da parte dell’opinione pubblica, non quella dei mezzi d’informazione allineati all’esecutivo ovviamente, ma da quella genuina della gente che fa sentire la propria voce scendendo in piazza a manifestare il suo malcontento; ricordiamo a tal proposito il dietrofront nel maggio dello scorso anno del potere esecutivo che dapprima aveva ratificato, attraverso il segretario per i diritti umani Claudio Avruj, la decisione della Corte Suprema di concedere uno sconto di pena, il cosidetto 2×1, ai genocidi della dittatura militare o quando un mese fa la giustizia ha dovuto far rientrare in carcere il genocida Etchecolazt (già condannato all’ergastolo) dopo avergli concesso un paio di mesi di comodi arresti presso il suo domicilio a Mar del Plata per motivi di salute mai certificati.
Sempre ieri invece, sono stati rilasciati l’ex funzionario del governo di Cristina Fernández de Kirchner, Carlos Zannini, e il dirigente sindacale Luis D’Elia, dei veri e propri prigionieri politici dell’attuale governo che hanno ottenuto la libertà dopo mesi di ingiusta incarcerazione preventiva per un supposto favoreggiamento nella causa AMIA (Asociación Mutual Israelita Argentina), poiché accusati di aver firmato il Memoranadum tra Argentina e Iran nel tentativo di far luce sull’attentato del 1994 alla mutua.
L’opposizione continua a scendere in piazza fiancheggiata dai sempre più numerosi delusi di questi primi tre disastrosi anni dell’amministrazione Macri e la manifestazione del 24 marzo ne è solo l’ennesima prova.
Le recenti scarcerazioni degli oppositori dell’attuale governo ci danno inoltre un altro indizio
l’autorità giudiziaria, che sembrava ormai offuscata dalle forti ingerenze dell’esecutivo, si sta dileguando dal governo e da responsabilità che in futuro potrebbero pesare sulle sue spalle.
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