Non serviva Nostradamus per anticipare che la disastrosa gestione del Covid da parte del governo degli Incapaci avrebbe favorito la distruzione del settore turistico italiano e l’arrivo degli investitori stranieri, pronti a mettere sul tavolo quei milioni di euro che gli operatori italiani sono sempre restii a spendere. Soprattutto a Torino e nel Torinese. Così sono arrivati gli inglesi, con un assegno da un centinaio di milioni abbondanti, per acquistare gli impianti sciistici della Via Lattea.
Un bene? Un male? Di sicuro c’è che i Comuni del territorio non ne potevano più della gestione rancina di Brasso. Investimenti ridotti, iniziative azzerate, utili cospicui e miserie concesse alla Valle. Ovviamente non c’è nessuna garanzia che il fondo d’investimento inglese cambi radicalmente la situazione, soprattutto per ciò che concerne la redistribuzione degli utili ai Comuni. Ma, perlomeno, si spera in investimenti cospicui per rilanciare l’immagine del territorio e per offrire un servizio più accurato ed in grado di attirare gli sciatori in fuga da quelle località valdostane che hanno fatto degli impianti di risalita lo strumento migliore per rapinare i turisti.
Ma il braccino corto non è certo solo una peculiarità della montagna torinese. Anche in città sono arrivati i fondi inglesi che si sono accaparrati uno storico palazzo in piazza Cln ed uno squallido edificio (che sarà giustamente abbattuto per far spazio ad una nuova costruzione) in corso Stati Uniti.
D’altronde se si tratta di spender soldi mica si può fare affidamento sugli imprenditori e, soprattutto, sui rentier e gli investitori torinesi. Che, secondo quanto riferito da Stefania Aoi su Repubblica, stanno chiudendo a raffica gli hotel nelle zone non centrali. Correttamente la giornalista ricorda anche le, rare, nuove aperture realizzate o in fase di realizzazione, a partire dall’albergo che sorgerà nella vecchia stazione di Porta Susa. Altri progetti si sono fermati. Altri non sono mai partiti, come il grattacielo che doveva sorgere di fronte a quello di Intesa Sanpaolo.
Perché? Perché, nonostante le chiacchiere dei politici, Torino non è considerata una città turistica. Perché il politicamente corretto ha distrutto ogni immagine culturale della città che vive, dal punto di vista turistico, esclusivamente su ciò che è stato realizzato in epoca sabauda. Palazzi, regge, Mole, museo Egizio. Con scarsissima capacità di comunicazione.
Ovviamente i torinesi si offendono quando leggono le critiche. Salvo poi scontrarsi con le analisi impietose. L’ultima, in ordine di tempo, di Recchi: “Torino è una città in stallo, troppe occasioni perse dopo le Olimpiadi”. Ed il solito Giachino si chiede come mai tutte queste analisi, condite con dati economici pessimi ed ufficiali, siano arrivate solo dopo il voto. Da parte degli uffici studi, dell’Unione industriale, del mondo accademico. “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. Dovrebbe rileggere Don Lisander, il buon Giachino. E magari dovrebbe anche chiedersi perché la coalizione di centrodestra, di cui faceva parte, ha sempre accuratamente evitato di dotarsi di un centro studi funzionante.