Tifosi del Torino, della Fiorentina, della Lazio, della Roma, della Sampdoria, dell’Inter e del Milan: tutti uniti nel dolore per la morte di Sinisa Mihajlovic. Per una volta il calcio pareva aver offerto una immagine di dignità, di rispetto trasversale di fronte alla scomparsa di un grande calciatore, di un grande allenatore, di un grande uomo. E invece no. Immancabilmente, sui social, sono comparsi i commenti di chi, dal basso della propria invidia, spara giudizi pesantemente offensivi nei confronti di Sinisa.
”Nessun dolore”, “nessun rispetto”, etc etc. Ovviamente i giudizi negativi non riguardano gli aspetti sportivi. D’altronde sarebbe difficile lanciarsi in analisi tecniche quando, nella migliore delle ipotesi, si è giocato a calcetto nelle sfide con i colleghi di lavoro. Ed allora gli attacchi all’uomo Sinisa devono spostarsi su altri piani. I cialtroni dei social non possono nemmeno accusare il campione di comportamenti personali scorretti, di atteggiamenti discutibili. Macché, un uomo trasparente.
Però politicamente scorretto e con amicizie ancor più scorrette. Amicizie nate da ragazzo e lealmente mantenute. Ma la lealtà non rientra tra i vizi delle iene da social. Ed allora partono gli attacchi ad un morto, con la certezza che non può più difendersi e replicare. Sinisa colpevole di non aver rinnegato nulla, né la sua patria né le sue idee. Dunque sotto attacco da parte di chi venderebbe anche la propria madre.
Ovviamente ciascuno è libero di pensare ciò che vuole a proposito di chiunque. Ma di fronte alla morte di un uomo che ha lottato contro la malattia sino alla fine, il rispetto dovrebbe prevalere. O almeno la decenza del silenzio. Niente da fare: bisogna far sapere al mondo di essere diversi, di condannare un uomo che non ha fatto nulla di male ma che aveva amici che i cialtroni da social non conoscono ma che odiano a prescindere.