“Scusi prof.” il biondo raffinato della classe. Un, raro, non coatto. Suona la chitarra e fa strage fra le ragazze.
“Ma non capisco una cosa… Questo Andrea Sperelli è davvero un seduttore?”
“Aho, se non lo è lui… Tutte se le fa… A mazzi…” ignoro il commento del Boro. E la conseguente espressione di disgusto sul volto di una bruna che commenta a mezza bocca “Maniaco e fissato… solo a quello pensano i maschi…”
Nota necessaria. Questa, ovviamente è un’altra classe. È la quinta, e sto spiegando D’Annunzio. Ma anche qui c’è un Boro. E una brunetta, in realtà castana, vivace e maliziosa. E… Insomma certe tipologie si ripetono. Con varianti e sfumature, certo. Ma, in fondo…
Comunque…

La tua domanda non è priva di senso. Anzi… Perché, in effetti, il personaggio è… ambiguo. Porta la maschera del seduttore, certo. Sembra l’erede della tradizione dei grandi libertini. L’incarnazione del Don Giovanni. Ma in realtà è fragile. Privo del cinismo necessario. In certo qual modo è… Un sedotto, più che un seduttore…
“Ammazzete… beato lui, tutte quelle gnocche… Me piacerebbe pure a me esse sedotto…”
“e invece te non batti chiodo…” la castana spiritosa. E allegra. Neppure le mascherine riescono a soffocare lo scroscio di risate. E lui, il Boro ovviamente, quasi cade dalla sedia… Continuo…
Vedete, D’Annunzio è molto più sottile di quanto, comunemente, si creda. E profondo. Il Piacere è un’indagine sugli abissi dell’anima. E parla dell’eros, certo. Ma anche della morte… Perché sono le due polarità della vita. I due Fantasmi, se vogliamo, le due ossessioni con le quali si è costretti a confrontarsi. Tutti…
“Sì, prof… ma qui mica more qualcuno…”
Fisicamente no, hai ragione. Ma Andrea Sperelli muore dentro. Perché ha perduto entrambe le sue Amate. Maria ed Elena. Le uniche presenze femminili che contano davvero nel romanzo. Le altre, tutte sono solo…
“Scopamiche!” questa volta rido anch’io. Certo, avrei usato altri termini, ma rende bene l’idea…
Si può dire anche così… Comunque lui muore perché ha voluto morire. La sua volontà profonda lo ha condotto alla dissoluzione interiore. Perché la sua personalità è inquieta. Camaleontica e mutevole. Vuole il Paradiso, Maria. Ma è irresistibilmente attratto dall’Inferno. Elena. E sovrappone l’immagine delle due. Le confonde. Sino a pronunciare il nome di Elena durante un amplesso con Maria…
“Porco schifoso – una rossa tutto pepe – castrarlo doveva…”

Più che un porco, un uomo trascinato dal vento. Dalla passione. Incapace di risolvere le sue contraddizioni interiori. Perché la sua anima non trova appagamento in un’unica Donna…
“L’ho detto io… tutte se le voleva fa’… Un grande!” stavolta mi limito a sorridere..
Più che altro cercava la Donna. Il femminino eterno e assoluto. Che contempla diversi volti. Come nelle iconografie preraffaelite. Dalle quali D’Annunzio riprende sia la figura di Elena Muti che quella di Maria Ferres… Vedete, sul fondo vi è la rilettura dell’Ars Amatoria di Ovidio. Che insegna che il vero piacere è nel corteggiamento. Nel gioco della seduzione. Non nell’appagamento dei sensi. Quello, quando lo si consegue, lascia solo… cenere. Un senso di morte. E Andrea Sperelli, non a caso, alla fine si ritrova solo. Tra i facchini che svuotano la casa dove aveva vissuto Maria Ferres. Come dicevo, per rispondere alla domanda iniziale, la sua è solo una maschera. Quella del Don Giovanni che insegue, inutilmente, una vita totalmente imperniata sulla ricerca della bellezza. Sull’estetica…
Mi fermo. E taccio. Troppo tardi per tirare in ballo Kerkegaard. L’ora, come si suol dire, è fuggita…
Infilo la mascherina…
“Ma a lei prof. – la castana dagli occhi vivi ed ironici – è mai capitato di, beh diciamo incontrare due donne come quelle? Come Elena e Maria intendo…”
Mi viene da sorridere. Ma, con questo bavaglio, non possono accorgersene. Meglio così… Esco.