La settimana dedicata da Torino all’arte contemporanea ha conquistato la scena nazionale grazie all’immancabile provocazione pseudo artistica: un quadro che rappresenta Giorgia Meloni con un tatuaggio sulla spalla. E il tatuaggio è composto da un fascio littorio affiancato da una svastica. L’artista (una definizione eccessiva per un personaggio alla ricerca di visibilità evitando ogni tentazione di qualità) non è nuovo a simili patetiche performances. In precedenza, sempre a Torino, aveva esposto un ritratto di Fassino con le foto dei marò al posto degli organi genitali.
Ma qui iniziano le differenze. Il quadro con Fassino venne immediatamente ritirato dopo le proteste. Questa volta, invece, nessuno si è degnato di prendere in considerazione le lamentele dei seguaci di lady Garbatella. Che si sono affrettati a protestare sostenendo che il presidente del consiglio non ha nulla a che fare con il passato regime. In nome di una destra fluida “moderna, democratica e del tutto slegata dalle storture fasciste”.
Indubbiamente, dopo aver rinnegato tutto e tutti, sarebbe stato più appropriato un tatuaggio con un camaleonte.
Il problema, però, è la totale indifferenza che hanno suscitato le proteste di questa pseudo destra che controlla la cultura a livello governativo nazionale ed anche a livello piemontese. Totale irrilevanza. Ed anzi, l’organizzatore della mostra ha palesemente preso per i fondelli i destri fluidi che protestavano. Per lui, infatti, non esisteva nessun riferimento politico. E se qualcuno lo vedeva, peggio per lui o per lei.
Insomma l’opera, per quanto mediocre sia, resta al suo posto.