Il Fascismo storico è stato (e sottolineo “è stato”) tante cose messe insieme. Al suo interno convivevano anime diversissime tra di loro che andavano dal Sindacalismo Rivoluzionario alle grandi aziende capitalistiche, correnti intellettuali e artistiche diversissime tra di loro, e persino le tendenze pagane e quelle cattoliche più ortodosse.
Uno degli esponenti più importanti del Tradizionalismo cristiano che aderì in modo entusiastico al regime mussoliniano fu Attilio Mordini, che nasceva a Firenze il 22 giugno del 1923.
Prima di diventare nel secondo dopoguerra uno dei più importanti ed influenti esponenti della neo-patristica, giovanissimo si arruolò volontario nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e, dopo l’8 settembre 1943, prestò servizio nel reparto genieri della IV Panzer Division impegnata in Russia. Tornato in Italia dopo essere rimasto ferito sul fronte ucraino, aderì alla Repubblica Sociale Italiana e alla fine della guerra fu incarcerato. Durante questo periodo contrasse la tubercolosi che lo costrinse a una dura vita di sofferenze fino alla morte.
Ciò non gli impedì di laurearsi in seguito a pieni voti in Letteratura Tedesca, di collaborare a numerose riviste tra cui L’Ultima, fondata da Giovanni Papini. Tra il 1964 e il 1965 fu apprezzato lettore di italiano all’Università di Kiel e durante la sua permanenza in Germania collaborò alla rivista di teologia e scienza delle religioni Kairos, edita dai Benedettini di Salisburgo.
Divenne poi terziario francescano e fu autore di una considerevole serie di testi tra i quali spicca per profondità e verve “Dal Mito al Materialismo”, pubblicato postumo nel 1966 dalla casa editrice Il Campo.
Nel testo si dimostra come il Cristianesimo non rappresenti una sorta di evoluzione in senso deterministico e “darwiniano” delle religioni classiche, ma l’ultima e definitiva incarnazione della religione, o meglio, della Tradizione Universale. Tale tesi viene supportata dapprima con una serie di esempi tratti dalle fiabe e dai miti; in seconda battuta con una analisi sul linguaggio e sul suo rapporto con la redenzione; ed infine con una serie di brevi ma pregnanti analisi in merito alla degenerazione del significato profondo, eterno e sovrasensibile del concetto di Cultura.
Spiace dover riconoscere che il pensiero e il contributo di Mordini siano oggi quasi del tutto dimenticati. L’autore era infatti un’anima sensibile e colta che sapeva porgere in modo immediato e comprensibile un pensiero alto e mai banale. Per lui “Culto”, “Cultura” e “Coltivazione” erano espressione, non solo linguistica della stessa “primordiale Tradizione dell’Umanità”. Il che è dimostrato dal fatto che, tra le decine di libri che Mordini scrisse, ce ne sia uno dedicato ai “Giardini d’Occidente e d’Oriente” scritto a quattro mani con Pietro Porcinai e pubblicato dalla Fabbri Editori poco prima della sua morte.
Morte che avvenne il 4 ottobre del 1966, giorno in cui si celebra la festa di San Francesco, patrono d’Italia.