Non ti far trarre in inganno dal titolo, Direttore. E non esultare. Non sto salutando i miei lettori – tre o quattro, che mi consti – perché vado in vacanza e chiudo, per un po’, questa rubrica… Io in vacanza non ci vado, visto anche quanto mi paghi. E quindi… continuo a scrivere. Natale e Capodanno inclusi
In realtà voglio proprio parlare degli Auguri, che ci si scambia, a profusione, in questi giorni .
Ormai, per lo più, attraverso Fb, Wathsapp, Messanger e altri, cosiddetti, social. Cosiddetti perché, a pensarci, non esiste nulla di più… asociale. Di distante e distaccato. Auguri on-line…il sogno di Speranza e del suo esercito di ipocondriaci cronici. Farsi gli auguri senza abbracci, baci… senza neppure vedersi di persona. Il distanziamento perfetto. La realtà virtuale che, da tempo ormai, si stava infiltrando in quella concreta. E che, pronubo il COVID, è quasi arrivata a soppiantarla.
Gli auguri virtuali sono come il sesso on-line. Sterili, freddi. Onanistici.
“Ho ricevuto più di trecento auguri! Grazie!”
Già, ma quanti da persone che conosci? Quanti, all’opposto, da “profili” farlocchi?
Non parliamo, certo, di sincerità… Anche i baci e abbracci dal vivo possono essere insinceri. E, come disse Pirandello, tu auguri ogni bene a persone che vorresti mandare cordialmente all’inferno. Questa è la nostra “civiltà”. Ne ho già scritto, di recente. E non sono ancora abbastanza arteriosclerotico per ripetermi. Per lo meno non così presto…
Ma gli auguri virtuali sono freddi, più che ipocrtiti. Anzi, possono essere davvero sinceri. Ma restano qualcosa di algido. Persino gli auguri falsi, dal vivo, hanno una nota di calore. Anche il peggior ipocrita ci mette un tanto di anima. Se non altro, mentre ti abbraccia e ti augura, con voce melliflua “Buon Natale, carissimo!”, e invece pensa “Te pigliasse le emorroidi” prova dei sentimenti. Magari spregevoli, ma… vivi.
Scrivere un post, anche il più bello e poetico, con Babbo Natale, renne e slitte, bimbi che giocano felici intorno ad un albero di luci, al fuoco scoppiettante, in un paesaggio innevato…resta qualcosa di estraneo alla vita autentica. Anche se lo si fa con le migliori intenzioni…
Un tempo si mandavano i biglietti di auguri… non è, in fondo, la stessa cosa?
Eh … no. I biglietti richiedevano una cura. Avevano, dietro, una storia. Tu li vedevi in edicola, in cartoleria. E frugavi alla ricerca di quelli giusti. Perché questo, sicuramente, andava bene per la vecchia zia zitella – un tempo, ce n’era almeno una in ogni famiglia – che albergava ancora fantasie romantiche, ed era abbonata a “Grand’Hotel” .
E questo, più sobrio per i nonni. E questo per l’amico conosciuto al mare. Questo per quella ragazzina che ti piaceva tanto, ma non sapevi come dirglielo…
Erano belli quei biglietti. Si legavano con un nastro rosso, una volta ricevuti. E li si appendeva all’albero. O sopra il caminetto, se ce lo avevi.
Ora puoi ricevere migliaia di like, cuoricini ed altri emoticon….ma non servono a decorare niente. Restano lì. Freddi, nella loro solitudine.
Però gli auguri, quelli caldi e belli davvero, sono quelli che nascono dagli incontri. Incontri in carne ed ossa, o, come si dice oggi “in presenza”. E sono quelli che si vanno sempre più dissolvendo nelle Nebbie. Nebbia di paura, ove si aggirano ancora tanti, troppi, fantasmi con la mascherina. Dove basta un colpo di tosse, uno sternuto per scatenare il panico. E un fuggi fuggi generale….(per inciso: provate quando siete in coda alla Posta… funziona a meraviglia…)

Spesso mi viene da pensare che questo salutarsi con post amorevoli nel virtuale, ed evitarsi come appestati per le vie, sia la cartina di tornasole del Mondo in cui stiamo precipitando a vivere. Un incubo, cui stiamo condannando i nostri figli e i nostri nipoti. Un incubo di alienazione, strumento dell’interesse economico. La nuova schiavitù. Con catene ben più pesanti di quelle di un tempo. Insomma, la profezia di Fritz Lang in “Metropolis”.
Ma io, ora, vivo in un paese. Non proprio un borgo. Ma comunque un paese di montagna. E qui la gente ti saluta per strada, anche se sei arrivato da poco. Ci si fa gli auguri, si beve un bicchiere insieme…
“Ma non ti manca la grande città?” mi chiede un nuovo amico, mentre stiamo sorseggiando un brulé alla Vecchia Europa.
“Vuoi la verità?- rispondo – Proprio per niente”.