“Scusi prof…” no, non è la mora dagli occhi maliziosi di Terza. E neppure la glaucopide. E non è nemmeno la brunetta vivace, e troppo magra, della quarta classe….
L’aula è vuota. E questa voce – in realtà una pluralità di voci che si inseguono, sovrappongono, accavallano – la sento solo io. E solo nella mia memoria…
L’anno scolastico si è concluso. In modo strano, così come si è svolto. Niente feste nel giardino della scuola. Proibito portare qualcosa da mangiare e bere tutti insieme. Proibito anche stare troppo vicini. Non parliamo, poi, dei baci e abbracci di saluto…
Che i ragazzi, poi, abbiano ottemperato alle disposizioni del Dirigente… beh, quello è un altro paio di maniche. Molto, in verità, è dipeso dall’insegnante che stava in classe….con me, il Boro e i coatti hanno inscenato persino un trenino, cantando “Brigitte Bardot, Bardot…” manco fossero in un vecchio film, su un transatlantico che varca la linea dell’equatore… Evidentemente nei lunghi mesi di segregazione hanno visto un poco di tutto in tele. Non solo Social e Youporne…
Comunque, ora, le aule sono vuote. E silenziose. Gli unici rumori vengono dalla strada. Mi viene in mente Gozzano, la poesia delle aule senza studenti… Mi piacerebbe citarla. Ma non la ricordo. È solo un’eco nella memoria.
Non ho mai amato molto i Crepuscolari. E lo stesso Gozzano mi è sempre sembrato una sorta di Pascoli in sedicesimo. Privo del pathos drammatico. E un poco lezioso. Liberty.
Tuttavia, in un momento come questo, torna. Dà voce ad una malinconia indeterminata. Soffusa. A suo modo… dolce. Forse anche troppo…
Poteva essere l’ultimo anno, per me. L’ultimo saluto. Un addio. Come per il vecchio Mr Chips… Ci ho pensato a lungo. Nella scuola di oggi non mi ritrovo. Mi sento alieno. Un sopravvissuto. Per i, cosiddetti, Dirigenti ciò che conta è la modulistica. E che un insegnante sappia condividere lo schermo durante le riunioni online. Che conosca le materie e, soprattutto, che abbia voglia di insegnare appare superfluo. Obsoleto e inutile.
Per altro molti genitori, nei colloqui online, non ti chiedono se il loro pargolo usa correttamente il congiuntivo o sa tradurre Seneca… Ti chiedono se ti sei vaccinato. La mia risposta potete immaginarla….
Insomma, non è più la mia scuola. Quella dove ho cominciato quasi quaranta anni fa. E non è solo per le regole, assurde, imposte in nome di codesta pandemia. Questa ha solo fatto emergere, ed esplodere, qualcosa che era già in atto da tempo. Nella scuola, come nella società circostante. Di cui la scuola è sempre un riflesso.
Tranquilli. Nessun desiderio di ammorbarvi con una geremiade sul declino dell’umanità. Non mi interessa. E non ne ho alcuna voglia. Solo, un modo per spiegare – a me stesso, ché non credo possa interessare ad altri – perché in questi lunghi, noiosi mesi, mi sono baloccato con l’idea di mollare tutto. Di andare in pensione. E trascorrere le mattinate al parco. O a guardare i cantieri. Magari in compagnia del nostro direttore….
Poi, però, ci ho ripensato. Considerazioni pratiche, certo. Ma anche… uno stato d’animo. La sensazione che non sia ancora giunto il momento. Una sorta di inerzia, forse. Che mi spinge ancora ad andare avanti. Senza illusioni. Senza avere la tracotanza di illudermi di avere ancora qualcosa da dire. E da dare, soprattutto.
A dei ragazzi che, ormai, potrebbero essere ben più che miei figli… Mentre, quando iniziai, erano praticamente coetanei. Parlavano la mia stessa lingua. Mi vedevano come uno di loro. Con una manciata di anni in più…
Ora, invece…
Ma il momento non è ancora giunto. A meno che non intervenga qualche autorità superiore (per modo di dire, in un paese ove l’autorità non esiste, se non come abuso), ancora qualche anno. Uno, due… Non saprei dire. Programmare il futuro è inutile. Tutto scorre troppo rapidamente. E, in fondo, nulla davvero muta…
Devo scusarmi. Le aule vuote mi hanno sempre fatto un effetto strano. Oggi più di un tempo. Chiamiamola… Malinconia. Humor filosofico.
Mi avvio lungo i corridoi. Vuoti. Silenziosi. E, quindi, più grigi del solito.
Vedo in lontananza una bidella. Sta pulendo e spostando dei banchi. Tra qualche giorno cominciano gli esami…
Strano, però, mi sembra sempre di sentire quella voce.
“Scusi prof. posso farle una domanda che non c’entra?”
Il prossimo anno ormai.
Ma sto parlando da solo…