Che meraviglia il mercato del lavoro in Italia. La disoccupazione è ai minimi termini, siamo diventati la locomotiva d’Europa nell’ambito delle politiche per il lavoro, soprattutto giovanile. Ad ascoltare le dichiarazioni di alcuni esponenti di quello che fu il partito di governo della precedente legislatura pare davvero questo lo scenario italiano. Frutto, ovviamente, dei grandi successi del jobs act.
I commenti entusiasti si riferiscono ai dati Istat che, in realtà, dicono tutt’altro. E considerando la drammatica situazione occupazionale di milioni di famiglie italiane, queste dichiarazioni sono non solo false, ma anche e soprattutto offensive. Una vigliaccata, insomma.
Perché è vero che dai dati Istat emerge un incremento delle persone occupate, ma questo è dovuto esclusivamente all’aumento della precarietà. Se 8 persone lavorano 1 ora in una settimana, per le statistiche si tratta di 8 occupati.
E, in effetti, l’Istituto di statistica rileva come i disoccupati siano quasi 3 milioni, con un tasso di disoccupazione dell’11,2% mentre per i giovani la disoccupazione torna a crescere, attestandosi al 33,1%, in pratica 13 punti percentuali in più rispetto al periodo pre crisi.
Quanto all’incremento degli occupati, si tratta solo di contratti precari mente quelli a tempo indeterminato crollano di oltre 110 mila unità.
Davvero un grande successo delle politiche per il lavoro.
Ovviamente, aumentando la precarietà ed i lavori temporanei, cala la retribuzione e la ricchezza famigliare. Ma diminuisce anche la qualità della produzione che non può prescindere dalla qualità delle persone che lavorano e producono.
I famigerati “lavoretti per studenti” diventano l’unica fonte di reddito per un numero crescente di famiglie. La prospettiva è di tornare molto indietro nel tempo, quando intere famiglie erano coinvolte in alcune attività a cottimo svolte direttamente a casa, da particolari lavorazioni per l’abbigliamento sino al montaggio manuale delle penne a sfera.
D’altronde sono tornati ad aumentare i morti sul lavoro, sono stati cancellati diritti che si credevano acquisiti, si sono sforate le 8 ore di lavoro quotidiano, sono stati tagliati i salari. Ma ciò che è più incredibile è che qualcuno possa vantarsi di questi risultati mentre altri si chiedono le ragioni per la più bassa produttività italiana rispetto a Paesi europei come la Germania dove i lavoratori sono pagati e tutelati di più.
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