Nel secondo trimestre è cresciuta l’occupazione in Italia, a livelli record dal 1977, sono aumentati i contratti a tempo indeterminato, è calata la disoccupazione complessiva e pure quella giovanile, ai minimi dal 2011. Ma il Pil non cresce, resta stagnante.
Evitando il rischio della recessione ma non permettendo di illudersi sulle prospettive future.
D’altronde se neppure l’incremento dell’occupazione permette di far crescere il Pil vuol dire che è cresciuto anche lo sfruttamento da parte dei predatori italiani che si spacciano per imprenditori. Non a caso non aumentano neppure i consumi interni, dal momento che con le retribuzioni concesse dai predatori è già tanto che si riesca a sopravvivere, certo non si possono incrementare gli acquisti permettendo di far crescere consumi ed economia.
Ma nessuno vuol superare l’impasse. I predatori sono disposti ad aumentare il denaro in busta paga solo se è lo Stato a farsi carico della differenza. Soldi pubblici, in pratica, che dovrebbero venire sottratti da altre voci di spesa pubblica.
Con una classe predatoria di questo livello, è inevitabile che l’Italia sia in fondo alle classifiche europee per la dinamica del Pil, come ricorda Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor. E a ciò si aggiunge – prosegue Quagliano – che nella seconda metà del 2019 il sistema economico italiano sarà penalizzato dalla frenata dell’attività produttiva in Italia che sta interessando anche, e in maniera rilevante, la Lombardia e dal drastico peggioramento della congiuntura della locomotiva tedesca.
Va sottolineato che l’Italia è l’unica economia avanzata che, non solo non ha ancora raggiunto il livello di Pil anteriore alla crisi iniziata nel 2008, ma, anzi, rispetto al 2007 accusa ancora un calo che nel 2018 era del 4,3%. Difficile incolpare il governo giallo verde per una situazione che deriva dal disastro degli anni precedenti e dalla criminale politica di austerità.
Ovviamente la dinamica del Pil accentua il declino del Paese che emerge con chiarezza anche dai dati sul Pil pro capite che nel 2001 superava del 18,8% il livello medio dell’Unione Europea e che nel 2018 era sceso al di sotto di questo livello del 5,3% grazie alle geniali politiche di Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni.