Ha ragione Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, quando sottolinea la necessità che gli incentivi governativi per l’auto “verde” non vadano solo alle vetture elettriche ma anche a quelle con alimentazione tradizionale, a benzina o diesel. Perché, a differenza dei ministri del governo degli Incapaci, Quagliano sa quanto costa una vettura elettrica e sa anche quanto guadagnano gli italiani.
Nel 1957, per acquistare una Fiat 500, servivano 14 stipendi di un operaio della fabbrica torinese. Oggi, per comprare una 500 elettrica sempre dello stesso marchio, occorrono una trentina di stipendi. Il problema del falso ambientalismo Made in Italy è in gran parte legato ad una folle politica economica che ha compresso i salari pur facendo lievitare i prezzi.
Poi ci sono altri aspetti che incidono negativamente. Nel 1957 l’operaio motorizzato trovava facilmente i distributori di benzina: in città, nei paesi, lungo le statali ed in autostrada quando, in estate, tornava al Sud. Nel 2021 se deve affrontare un viaggio molto più breve è meglio che scelga un altro mezzo di trasporto. Ricaricare un’auto elettrica è ancora un’impresa. Va un po’ meglio per metano e Gpl, mentre per l’idrogeno si è ancora ai sogni.
Ma anche se ci si limita ad utilizzare la vettura elettrica solo in città i problemi non mancano, ed i costi lievitano. Serve un box con corrente elettrica. Serve un intervento per realizzare un impianto apposito. Perché non si può pensare di collegare l’auto, in città, con una prolunga che spunta dal quarto piano ed è collegata alla presa del tostapane.

Però gli ambientalisti della domenica si limitano a fare il tifo. Senza prendere in considerazione i vari aspetti del cambiamento. Prevalentemente radical chic, non hanno problemi ad affrontare una spesa di 40/50mila euro ed oltre. Non hanno problemi di box o garage in villa. Però, come tutti gli altri, rischiano di restare appiedati in autostrada o mentre cercano di raggiungere la località turistica più alla moda. Perché mancano stazioni di rifornimento. E poi non si possono superare limiti di velocità sempre più bassi, con zone pedonali sempre più vaste, con parcheggi a pagamento, domeniche a piedi ma anche il lunedì.

In fondo è la stessa logica italiana per la raccolta differenziata dei rifiuti. Si predica il rispetto dell’ambiente etc etc e poi si aumentano le tariffe oltre ad aumentare le complicazioni. La plastica nel cassonetto della plastica solo in alcuni casi; il vetro nel vetro ma anche no; i cartoni dei succhi di frutta da aprire, da separare, da lavare e poi da collocare separatamente; la carta nella carta ma dipende da che carta, dalla composizione chimica delle scritte stampate, dall’inchiostro utilizzato; l’umido forse nell’umido ma anche nel secco.
Poi si stupiscono se i rifiuti sono abbandonati dove capita. Poi si stupiscono se abbiamo il parco auto più vecchio d’Europa.