L’Italia preferisce festeggiare le sconfitte piuttosto di celebrare le vittorie. Così il centenario della vittoria della Grande Guerra sta passando sostanzialmente sotto silenzio. Meglio non parlarne.
Invece un coraggioso giovane, Francesco Deambrogi, ha deciso che Ayas Cultura dovesse occuparsi, in questa edizione, anche della prima Guerra Mondiale.
E ha invitato a discuterne al Monterosa Terme non uno dei soliti presuntuosi personaggi televisivi ricchi di presenze e poveri di contenuti, bensì uno “storico divisivo” (così viene definito) come Marco Cimmino, collaboratore di Electomag.
Si rischiava il flop, la sala desolatamente vuota. Invece sono arrivati in tanti, proprio in tanti, per ascoltare i racconti della guerra dei ghiacciai, qualcosa di diverso dalla guerra di montagna di cui, a volte, si riesce ancora a parlare.
Un pubblico attento, di diverse età, che non si è fatto pregare nel rivolgere domande all’autore del libro “La battaglia dei ghiacciai. La Grande Guerra tra le nevi perenni”, pubblicato da Mattioli 1885.
Un successo per Cimmino, ma un vero trionfo per Deambrogi che ha scelto di puntare su iniziative culturali non scontate, di alto livello, in qualche caso anche difficili.
Eppure il pubblico ha dimostrato di gradire. Perché i personaggi pubblici gonfiati da un sistema mediatico privo di credibilità non attirano più chi si aspetta cultura dalle iniziative culturali.
Per sorbirsi le idiozie di una Littizzetto qualunque basta uno schermo televisivo. Per ascoltare uno studioso come Cimmino si può anche uscire di casa la sera con il cattivo tempo.
Un segnale interessante per il futuro di Ayas Cultura ma anche un segnale incoraggiante sul rifiuto di lasciarsi rimbecillire dai programmi di infimo livello storico propinati da tv pubbliche e private.
Adesso si tratta di far crescere l’iniziativa di Deambrogi, magari ampliandola e facendo in modo che non si limiti agli appuntamenti estivi.
Occorrerebbe un segnale dalla Regione Valle d’Aosta che ha cambiato colore e che dichiara di voler cambiare passo. Ma le parole non bastano per incidere sulla cultura locale.