Marco Boglione, patron di BasicNet (Kappa, Robe di Kappa, K-way e numerosi altri marchi di abbigliamento), in una intervista a Christian Benna ha sostenuto che se le multinazionali abbandonano Torino, la responsabilità non è delle multinazionali. Boglione ha l’indubbio merito di non nascondere la realtà che, per quanto riguarda la capitale subalpina, è tutt’altro che rosea. Benché il Sottosistema continui a sostenere il contrario.

Dunque Torino ha perso ogni capacità attrattiva, e bisognerebbe anche chiedersi le ragioni. Già, perché non può essere un problema di costi. Le retribuzioni medie sono nettamente più basse di quelle di Milano, i costi delle abitazioni sono decisamente inferiori sempre rispetto alla vicina città lombarda. Ed è più basso il costo della vita. Il Politecnico e l’Università rappresentano, in ogni discorso ufficiale, le eccellenze del territorio torinese.
Però le aziende se ne vanno ugualmente.
Allora forse bisogna ammettere che la qualità della vita offerta ai manager stranieri non è proprio il massimo. Non tutti si divertono all’idea che i propri figli vengano aggrediti in pieno giorno e nel centro della città da bande libere di delinquere poiché composte da immigrati di seconda o terza generazione. E mandare in galera questi ragazzi sarebbe, secondo i media di servizio, una forma di razzismo.
Non tutti sono felici di dover spendere soldi in più per l’istruzione dei figli perché nelle scuole “normali” bisogna insegnare poco per non creare disagio ai ragazzini meno intelligenti o meno studiosi. Non tutti sono felici di girare per le strade dello shopping facendo lo slalom tra i cartoni trasformati in letti di fortuna dai clochard.

E poi ci sono gli aspetti prettamente imprenditoriali. I giovani torinesi più preparati ricevono offerte di lavoro economicamente più vantaggiose da aziende straniere o di altre città italiane. Ovviamente se ne vanno. Le multinazionali hanno, dunque, l’idea di insediare a Torino delle attività di scarso valore intellettuale (con le dovute eccezioni, ovviamente). Di conseguenza possono decidere di abbandonare la città quando valutano che in altri Paesi esistono fattori economici più convenienti.
Se Volkswagen non ha chiuso Italdesign-Giugiaro, è perché era soddisfatta della qualità del lavoro, non facilmente replicabile altrove. Se, al contrario, a Torino si cercano solo braccia, meglio ancora se importate, diventa inevitabile un trasferimento della multinazionale di fronte a prospettive di risparmio nell’Europa dell’Est, in Africa, in Asia.

Indubbiamente il contesto italiano non aiuta, con tasse assurde, giustizia ingiusta, burocrazia ottusa. Ma questo vale per Torino come per ogni altra città italiana. Comprese quelle che le multinazionali riescono ad attrarle. E che offrono manifestazioni, spettacoli, iniziative culturali. Qualcosa che vada oltre l’intoccabile movida da chupitos o i salotti noiosi delle madamine con la puzza sotto al naso.
1 commento
Torino essendo stata distrutta dai partiti di sinistra ha perso l’occasione di attrare gli industriali.
Le troppe tasse che sottraggono le risorse per gli investimenti hanno distrutto le industrie che erano presenti in Italia.
Abbiamo attualmente in tutta Italia ed anche a Torino troppi politici incapaci e totalmente ignoranti , che purtroppo sono stati eletti da persone altrettanto inette che hanno come UNICA aspirazione di vivere di sussidi e NESSUNA VOGLIA DI LAVORARE.
Questi pessimi individui totalmente ignoranti, non sono in grado di comprendere che chi crea un’azienda deve avere la possibilità di svolgere la propria attività in modo di produrre e creare beni che abbiano costi competitivi e che siano di ottima qualità. Altrimenti l’azienda sarà destinata al fallimento entro pochi anni.
La classe politica di sinistra questi semplici concetti non li capisce !!!!!